Una scrittrice americana, nata nel 1907 a Milwaukee – città nota in Italia per essere stata lo scenario del telefilm degli anni Settanta Happy Days – e morta in California nel 1997, a 95 anni, è famosa e pluripremiata per i suoi libri per bambini dedicati agli animali, specie i cavalli, ma anche cani, gatti, uccelli, volpi, muli: ne ha scritti nella sua lunga carriera ben cinquantanove, facendo la gioia di generazioni di lettori, libri sempre riccamente illustrati. Alcune sue storie poi sono state trasformate in film di successo, in patria.
Si chiama Marguerite Henry, nome temo non molto noto in Italia, dato che della sua produzione solo sei libri sono stati tradotti in italiano, soprattutto tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Un vero peccato perché sono racconti briosi, che trasmettono una sincera ed utile ammirazione per gli animali, ma oggi forse appaiono datati, con una narrativa “per l’infanzia” fatta più di mondi immaginari che reali.
Marguerite, vera appassionata di cavalli, non poteva non pubblicare una storia sul Palio di Siena, corsa totalmente fascinosa, diversa da ogni altra “competizione” dal momento sociale irripetibile. Si tratta di Gaudenzia, pride of the Palio (1960) con le illustrazioni di Lynd Ward – artista di fama – ristampato come The Wildest Horse Race in the World (1976) – e subito tradotto in italiano da Raffaella Lotteri nel 1961: Gaudenzia gloria del Palio, sempre con le illustrazioni originali (Milano, Martello). Gaudenzia, ovviamente, è una cavalla del Palio.
Si tratta di una storia vera: l’autrice è stata davvero spettatrice del Palio, quelli dell’estate 1954, quando Gaudenzia vince per la terza volta consecutiva in quell’anno la carriera, montata dal fantino Vittorino, al secolo Giorgio Terni, protagonista del racconto insieme alla fedele cavalla. Quell’anno i palii furono tre, con quello di settembre straordinario per le celebrazioni mariane, vinti dall’Onda (luglio, con Vittorino), Giraffa (agosto, con la vittoria di Gaudenzia “scossa” cioè senza fantino) e Leocorno, a settembre. Il palio di luglio fu il primo trasmesso in diretta televisiva. Nel 1956 Gaudenzia è ancora vincitrice per l’Istrice.
Giorgio Terni, nato a Monticello Amiata il 4 settembre 1932, figlio di Tullio, “nuovo agricoltore”, con la sorella Teria e in fratello Emilio, è stato tra i fantini più forti della piazza, vincendo sette corse su ventidue disputate: negli anni Cinquanta vince cinque palii e viene “adottato” dalla contrada del Nicchio con la quale fa il suo esordio nel 1953. Il binomio con Gaudenzia è speciale, cavalla dal manto grigio, nata nel 1944, dolce ma decisa in gara, una vera amicizia che non poteva non intrigare Marguerite. Purtroppo una caduta al canape prima della partenza del palio di luglio del 1965 porta a Vittorino una grave frattura al braccio sinistro mettendo fine alla sua carriera. Giorgio muore a Siena il 16 luglio 2000: dopo la prima prova in preparazione del palio di agosto i fantini delle dieci contrade in piazza scendono da cavallo e gli dedicano un minuto di silenzio.
Una foto in bianco e nero di Marco Delogu ce lo mostra con il viso scavato, le rughe, i radi baffi, esposta in una mostra sul Palio nel 2000. In alcune interviste parla pacato del coraggio di affrontare il tufo.
La storia di Gaudenzia e Vittorino intriga anche Disney: «Walt Disney sarà a Siena per il Palio delle Contrade del 2 luglio, dovendo girare gli esterni di un film la cui trama è stata tratta dal libro Gaudenzia, regina del Palio, della scrittrice americana Marguerite Henry», così si legge in un trafiletto de “l’Unità” del 16 giugno 1961, ma il progetto non ebbe purtroppo seguito.
Terni, come si diceva, era nato a Monticello Amiata, nel comune di Cinigiano, sull’Amiata e Marguerite lo visita più volte insieme a lui, scrivendone a lungo nel racconto, che si divide tra questa località e Siena: «Sono andata a trovare anche i genitori di Giorgio, e con suo fratello e sua sorella, nel borgo addossato di Monticello, nella lontana Maremma. Poiché non parlavo italiano, dovevamo comunicare a gesti, ma era più emozionante di qualsiasi gioco di sciarade. Riguardava la vita e la morte.» (il testo originale è stato opportunamente ritradotto per questa occasione).
Con queste parole nell’introduzione l’autrice apre su Monticello. Quando si parla dell’Amiata il racconto non indugia sul “pittoresco”, una categoria sovente introdotta degli scrittori “esteri”. La presenza di Giorgio, con la scrittrice amante degli animali, sono garanzie di un’accettazione netta in paese, con la raccolta di eventi reali. Non parlare la lingua non è un limite, bensì un ritorno alle origini, l’entrare per alcuni aspetti nel “mito”, nelle radici più profonde della cultura.
Monticello non è un’Arcadia, è un mondo reale, concreto: «“Bello! Bello!”, cantava. “Non c’è acqua più deliziosa dell’acqua di Monticello!” La sua voce era forte e vibrante, piena di energia vitale. «Bello, bello — Monticello!» cantò di nuovo, battendo le mani, ridacchiando sulla sua rima»
Le parole in italiano disseminate nel racconto non servono a fare colore, danno invece il ritmo, la realtà di un mondo certo distante in modo inimmaginabile da Milwaukee, nel quale però Marguerite entra in punta di piedi, con grazia, con allegria, anche, e Giorgio è “a boy of the Maremma marshes”, come dice il risvolto di copertina originale, “un ragazzo delle paludi maremmane”, anche se poi Monticello è a 750 m slm!
La bella edizione originale del 1960 con le illustrazioni di Ward si apre con la dedica agli eroi del libro:
All’arabo meticcio, Gaudenzia,
e al suo ragazzo allenatore, Giorgio,
che ha vissuto questo libro
con onore e valore
I disegni di Ward, al tratto e a colori, sono suggestivi, illustrano delle sensazioni più che dei fatti, con Monticello un po’ idealizzato, ma allo stesso tempo reale.
Giorgio/Vittorino, Monticello, Gaudenzia sono vivi e vividi: «In un paese collinare d’Italia, vicino al Mar Tirreno, vive il ragazzo, Giorgio Terni. È di corporatura esile ma muscoloso e flessuoso, con i capelli scuri ondulati e gli occhi color ambra del colore di quelli di una giovane volpe. Il suo paese, Monticello Amiata, prende il nome dal vicino Monte Amiata.»
Impossibile riportare ogni immagine, ogni cenno a Monticello ed i suoi abitanti, i sogni di Giorgio e il suo amore per gli animali, il legame stretto con la famiglia.
«Sul bordo della fontana pubblica, dove confluiscono tre vicoli stretti, l’Uomo Ombrello sedeva appollaiato come un Robin Hood sceso solo per il momento. Indossava un cappello a tesa larga con le piume della coda di un fagiano infilate nel feltro. Le sue scarpe erano di cuoio marrone arricciate verso l’alto all’altezza delle dita, e le suole erano di legno, lucide e strofinate. Quando sollevò le braccia, si capì che la sua giacca un tempo era stata di un verde brillante. Ora era incipriato dalla polvere, non polvere grigia, non marrone, ma rosso fulvo, testimonianza di lunghe giornate di cammino sulle colline toscane.»
L’Uomo degli Ombrelli è Marco, lo zio di Giorgio e la fontana ai tre vicoli c’è ancora, poco sopra casa mia: è lui che racconta la storia del Palio al promesso fantino e ai bambini del paese, in una mitologia del tutto concreta, ma anche per certi aspetti sfuggente: gli anni della Guerra non ci sono, non sono funzionali alla narrazione, un po’ edificante.
Gli anni passano, non sempre facili, Giorgio lascia Monticello per Siena, la passione per i cavalli lo porta nella città del Palio, dove può davvero coronare il suo sogno. Alla fine degli anni Quaranta trova una fedele alleata appunto in Gaudenzia, cavallo da tiro di un carrettiere del bivio di Casalino, non lontano da Monticello, che fa con lui un ingresso trionfale nel paese natale: «Finalmente, nel crepuscolo sempre più fitto, risalirono la collina fino alle case accatastate di Monticello. Si avvicinò a Gaudenzia, chiedendole di trotterellare gli ultimi metri verso casa in segno di trionfo. I suoi colpi di zoccolo allertarono l’intero villaggio.»
Forse Vittorino e Gaudenzia sono passati davanti casa mia, in via Inselciata, un vecchio ingresso del paese, o almeno mi piace immaginarlo, tendendo la notte le orecchie sulla strada sentendo quasi uno scalpiccio.
Nel racconto tutto si addensa, sino all’epica dell’estate del 1954, che Henry racconta in poche ma dense pagine: «Il cavallo da carro di Casalino ha vinto la 536esima edizione del Palio».
E oggi?
Su Vimeo (con registrazione) si trova uno straordinario documentario dedicato a Vittorino, alla sua vita e le sue vittorie, Fenomenale stella del Palio, di Michele Fiorini, Roberto Filiani, Simonetta Losi e Luca Martini (2020) (https://vimeo.com/391140355) e su YouTube poi è disponibile un’intervista a figli Cinzia e Gianni – https://www.youtube.com/watch?v=sx1jLngznTI – fatta in occasione della proiezione pubblica del documentario, a Siena nell’estate del 2020, per l’anniversario della sua morte.
Nel comune di Cinigiano, infine, ci sono molte strade dai nomi “fuori posto”: via Empoli, via Volterra, piazza Napoli, via dei Pini… Sarebbe bello farne tre nuove: via Gaudenzia, via Giorgio Terni detto Vittorino, via Marguerite Henry, perché le belle storie strappano sempre un sorriso e inducono lieti ricordi.
Simone Fagioli
Giorgio Terni, “Vittorino” in una foto di Marco Delogu, © Marco Delogu, https://lnx.marcodelogu.com/wp-content/uploads/2018/04/7_Vittorino.jpg
Monticello Amiata, Panorama, © Lynd Ward
Monticello Amiata, santuario della Madonna di Val di Prata, © Lynd Ward
Il racconto del Palio in un angolo di Monticello Amiata, © Lynd Ward
Gaudenzia alla partenza del Palio del 16 agosto 1954 (colori di fantasia), © Lynd Ward
Gaudenzia “scossa” vince il Palio del 16 agosto 1954, © Lynd Ward
Vittorino e Gaudenzia in Piazza del Campo, © Lynd Ward