Un’antica divinità sanguinaria?

Così si descrive il dio Mitra (Mitrha), divinità mediorientale della luce identificata con il Sole che regolava l’ordine del mondo. Il suo culto sanguinario penetrò nella Roma antica attraverso i prigionieri catturati da Pompeo nel 67 a.C. e si diffuse successivamente. I Mitrei, i templi in cui si svolgevano i riti a lui dedicati, erano delle grotte o, comunque, ambienti sotterranei. Il dio, nato da una roccia, è raffigurato come un giovane che indossa abiti orientali, con il capo coperto da un berretto frigio mentre uccide il toro dal cui sangue traggono sostentamento tre animali simbolici: il cane, il serpente, lo scorpione. Lo affiancano due teste allegoriche: il Sole e la Luna che fanno riferimento alla presenza degli astri nel momento del sacrificio. Altre due figure, vestite come Mitra, possono assistere all’uccisione dell’animale: Cautes con la fiaccola rivolta verso l’alto che simboleggia il sorgere del sole e Cautopates con la fiaccola rivolta verso il basso che allude al tramonto. Il carattere cosmico di Mitra è infatti sottolineato dalla costante presenza al suo fianco dei due portatori di fiaccola (dadofori), tipologicamete affini ma minori al dio e insieme al quale costituiscono una specie di trinità. Essi rappresentano il corso della giornata: il sole dell’aurora e del tramonto ma è più probabile che facciano riferimento a due figure allegoriche che impersonano la Vita (Cautes) e la Morte (Cautopates), per il motivo che il sole e la luna sono già rappresentati e non si spiegherebbe la doppia presenza di queste personificazioni nella stessa composizione.

Se ne trovano raffigurazioni in Europa (Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra, Germania, Svizzera, Belgio, Austria, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Grecia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Slovenia) In Asia (Turchia, Siria, Armenia, Israele, Iraq). Africa (Egitto. Libia, Algeria).

Anche in Italia ce ne sono molti, dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia. Qui presentiamo quello di Marino nei pressi di Roma.

Il riquadro in cui vi è raffigurata la scena madre del Dio che indossa un corto vestito rosso e un mantello svolazzante che fa da vela, mentre uccide il toro sacrificale, è realizzato in pittura con la tecnica antica dell’encausto consistente nel colore sciolto in olii e cere, a caldo, che permettevano una particolare lucentezza della superficie dipinta e una resistenza notevole, di secoli, senza deteriorarsi. Vi è raffigurato al centro il Toro bianco quasi sdraiato a terra mentre il dio che lo sovrasta lo sgozza con un pugnale. Vi è un Cane pronto a ricevere il sangue da bere, un Serpente nel registro inferiore in primo piano e lo Scorpione che attacca i testicoli del toro non ben visibile forse parzialmente cancellato, con abrasioni, dal tempo. Ai due lati le due figure allegoriche che costituiscono la triade divina e in alto a sinistra il Sole entro una figura circolare (il capo di una figura maschile) che manda i suoi raggi sui due personaggi principali e, a destra, lo stesso, la Luna con una figura femminile. È uno dei meglio conservati al mondo e risale al II secolo d.C. e fu ritrovato durante i lavori di escavazione di una cantina nel 1962. Ma ce ne sono altri in Italia tra i quali, a Roma il Mitreo Barberini e un altro in Campania a Santa Maria Capua Vetere. Il tema venne anche svolto con sculture tridimensionali.

Giombattista Corallo

 

mitreo

Mitreo, II secolo d.C., Marino, Roma

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