Un attributo particolare: il teschio nell’arte

Facciamo qui una breve storia di un elemento che l’arte, nel tempo, ha molto rappresentato, il Teschio umano. A molte persone non piace neppure guardarlo ma in mano o vicino a certi personaggi specialmente nella pittura, usato come simbolo o attributo per l’identificazione, è facile trovare.

Dal Medioevo, il teschio, è simbolo di morte, l’oggetto della meditazione sul concetto di vita e di morte e, ed è anche attributo di santi ed eremiti tra i quali: Francesco d’Assisi, Gerolamo, Maria Maddalena ed altri. Nel Seicento, in particolare, molti santi in preghiera contemplano un teschio che spesso reggono tra le mani. Con lo stesso significato, è raffigurato in alcune nature morte (Natura morta con fiori, libri e un teschio, Francesco Solimena, XVII secolo, Roma, Collezione Romano), nel tema della Vanitas (Vanitas, Georges Braque, 1939, Parigi, Museo d’Arte Moderna) e in soggetti di vita quotidiana (La toletta della signora, William Hogarth, 1744, Londra, National Gallery). Figura ai piedi della croce sul Calvario ed è l’elemento ammonitore nel tema Et in Arcadia Ego e della Meditazione (La Meditazione, Domenico Fetti, 1616-1617, Venezia, Gallerie dell’Accademia).

Nel Rinascimento compare in un’opera pittorica con una suggestiva e apparentemente incomprensibile anamorfosi, sovvertendo così la teoria prospettica quattrocentesca (Gli Ambasciatori Jean Dutiville e George de Selve, Hans Holbein il Giovane, 1533, Londra, National Gallery).

Il tema sviluppato in questa opera è quello classico della Madonna col Bambino con San Giovannino e Santi, uno dei più usati nell’iconografia della Vergine con il Bambino che ha prodotto una infinità di opere dai primi secoli del Cristianesimo a oggi e di cui le chiese e i musei del mondo ne custodiscono il patrimonio sia religioso che quello strettamente artistico.

Si tratta di una tela dipinta dal pittore amiatino capostipite della nota famiglia dei pittori Nasini, nel 1692 e si trova custodita nella parete destra dell’unica navata della chiesa di San Martino a Montegiovi, nel Comune di Casteldelpiano, in provincia di Grosseto.

Al centro è raffigurata la Vergine, seduta e poggiante sopra una predella nella cui faccia frontale si legge la seguente iscrizione: “FRAN.US DE NASINI / PITTOR”, datata 1692.

Indossa un lungo abito rosato al quale si sovrappone il tradizionale mantello azzurro. Il suo capo è coperto da un velo dello stesso colore del vestito. Una serie di dodici stelle disposte a cerchio fanno corona al capo che si stacca nettamente dalla luce dorata dello sfondo: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna che sembrava vestita di sole, con una corona di dodici stelle in capo, e la luna sotto i suoi piedi.” (Apocalisse, 12, 1).

Regge per il braccio destro e per la spalla sinistra il Figlio che è collocato, in posizione eretta, sulla base del trono, poggiante le mani sulle ginocchia della Madre. E’ privo di abiti e, nella sua posizione, compie una leggera torsione del busto che gli fa assumere un atteggiamento dinamico e, nello stesso tempo, elegante. Ha riccioli biondi e una aureola circolare che gli incornicia la testa.

Nel registro superiore centrale due piccoli angeli ignudi volteggiano nello spazio, simmetricamente, uno a sinistra, uno a destra raffigurati nell’atto di incoronare la Vergine.

A sinistra il piccolo San Giovannino seduto su un rialzo, sul quale poggia un lembo del mantello della Madonna, guarda verso Gesù Bambino tenendo le mani giunte in atteggiamento di preghiera. È vestito dell’abito di pelle di animale che gli lascia parzialmente il corpo scoperto sul quale tiene un mantello di colore rosso come nella tradizione iconografica. Ha con se altri due attributi che ce lo fanno riconoscere: la croce di canne che porta con sé e l’agnello raffigurato sotto la sua figura, nell’angolo sinistro in basso, della composizione. Agnello è chiamato il nato dalla pecora che non supera l’anno di vita. E’ simbolo di innocenza, pazienza, umiltà e mansuetudine. I riferimenti a questo animale, nel corso dei secoli, sono moltissimi sia nel mondo pagano che in quello cristiano. Nell’antichità l’agnello, la pecora o l’ariete erano gli animali da sacrificare in sostituzione della vittima umana dei primitivi riti religiosi. La religione cattolica definisce Cristo ‘Agnello’ facendo riferimento al momento in cui viene presentato da Giovanni Battista: “Ecco l’agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo” (Giovanni, 1, 29) e nell’Apocalisse 5-8 quando l’autore parla dell’apertura del libro e dei sette sigilli. La figura dell’agnello significa, quindi, lo stesso Cristo che preannuncia così il suo sacrificio, la sua morte per la salvezza degli uomini.

Giovanni Battista infante o San Giovannino viene rappresentato soprattutto nei temi della Madonna col Bambino a partire dal Rinascimento, un tema che non trova riscontro nelle pagine delle Sacre Scritture ma nato dalla fantasia compositiva degli artisti (La Madonna, Sant’Anna, il Bambino e San Giovannino, Leonardo da Vinci, 1501 ca., carboncino e biacca, Londra, National Gallery; La Madonna del cardellino, Raffaello Sanzio, olio su tavola, 1507, Firenze, Galleria degli Uffizi).

A destra è rappresentato il “nostro personaggio” che porta in mano un teschio. Si tratta di una figura femminile anziana, coperta totalmente da un ampio mantello blu scuro il cui lembo che le ricopre il capo lascia intravedere il velo e il soggolo bianchi che ricorda, vagamente, l’allegoria del “Rimorso” dipinta da Sandro Botticelli ne “La Calunnia”, conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Non è facile, a prima vista, identificarla ma, l’abito e la somiglianza dei tratti somatici con la figura dipinta a mezzo busto in un riquadro ad affresco a Santa Fiora, ci riporta a Santa Monica.

Nata in Africa da famiglia cristiana, vissuta tra il 331 e il 387, fu madre di Sant’Agostino che seguì a Roma e a Milano dove fu presente alla sua conversione. Morì ad Ostia nel 397 quando stava per ritornare a Tagaste. È raffigurata con un vestito nero e, a volte, con il capo coperto da un velo nero e da un soggolo bianco (Santa Monica e le religiose del suo ordine, Francesco Botticini (attr.), Firenze, Chiesa di Santo Spirito; Santa Monica, Alvise Vivarini, 1485-1490, Venezia, Gallerie dell’Accademia). I suoi attributi sono il giglio, il libro e il crocifisso. Il culto di Santa Monica ha origine dopo che le sue spoglie furono traslate da Ostia a Roma, nel 1430. Figura rappresentata in temi devozionali con il figlio Agostino o con Nicola da Tolentino e altri santi appartenenti allo stesso ordine degli Agostiniani (Madonna col Bambino tra i santi Agostino, Nicola da Tolentino, Chiara da Montefalco, Agata, Apollonia e Monica, Antonio Pellegrino, 1634, Visso – Macerata, Collegiata; Madonna con il Bambino, Sant’Agostino e Santa Monica, Anonimo veneto, XVI secolo, Feltre, Chiesa di Ognissanti). Compare anche in cicli pittorici sulla vita di Sant’Agostino (Sant’Agostino, Jan Van Scorel, 1520, Gerusalemme, Chiesa di Santo Stefano; Monica benedice Agostino bambino che si reca alle prime scuole, Ottaviano Nelli, XIV-XV secolo, Gubbio, Chiesa di Sant’Agostino; Sant’Agostino condotto a scuola da Santa Monica, Scuola Marchigiana, XV secolo, Roma, Città del Vaticano, Pinacoteca; Storie di Sant’Agostino: Morte di Santa Monica, Benozzo Gozzoli, 1465, San Gimignano – Siena, Chiesa di Sant’Agostino).

La composizione non è particolarmente armoniosa; la struttura a simmetria bilaterale verticale, sottolineata dai due angioletti in alto, è sbilanciata dal peso rilevante della figura di Santa Monica e, gli elementi nella parte corrispondente sinistra (San Giovannino e l’Agnello), non riescono a ristabilire l’equilibrio dell’insieme.

Le figure della Vergine, del Bambino e di San Giovannino, appaiono idealizzate così come nella tradizione iconografica mentre, quella di Santa Monica, si presenta più caratterizzata da una ricerca più approfondita dei tratti somatici, con il volto scavato da rughe e con le mani nelle quali si nota una determinazione anatomica alquanto realistica. Nel colore prevalgono il giallo oro dello sfondo luminoso e, soprattutto, il mantello blu della Santa.

Salvatore di Salvo, in “Francesco Nasini” pittore amiatino, riporta una segnalazione di Marco Ciampolini del disegno preparatorio dell’opera di Montegiovi conservato nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi a Firenze (5107S) opera di Giuseppe Nicola Nasini, figlio di Francesco e l’intervento dello stesso artista nell’opera del padre, notizia riportata da Cecilia Alessi che così si esprime: “che pure lasciò al padre l’onore della firma”. “La tela è stata restaurata nel 1996 nello studio di Anna Rita Banchini in Arcidosso.” (Salvatore Di Salvo, Francesco Nasini, Tipografia Ceccarelli, Grotte di Castro – Viterbo, 1997, pag. 67).

 

la madonna col bambino san giovannino e santa monica

La Madonna col Bambino, San Giovannino e Santa Monica
Francesco e Giuseppe Nicola Nasini? 1692
Montegiovi (Grosseto), Chiesa di San Martino

 

Giombattista Corallo

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