Si conclude l’estate, e con essa il divertente must delle “letture sotto l’ombrellone”. Ma nonostante l’arrivo di un settembre speriamo soleggiato, non sembra troppo tardi per proporvi la lettura di un libro dalla copertina molto estiva, soprattutto se è ambientato in Toscana…
Pineta, immaginaria località balneare sulla costa intorno a Livorno: è qui che erompe e si dipana un singolarissimo “giallo in toscanaccio” che vede in prima linea, oltre che a un insospettabile assassino, la più inaspettata schiera di detective che si possa immaginare, capitanata controvoglia da un ostico e giovane barista di mente sveglia e lingua tagliente. Ci troviamo in un tipico, colorato, piccolo borgo della Toscana, nel quale l’onnipresente “Pro Loco sta inesorabilmente estinguendo le categorie dei vecchietti rivoltandogli contro l’architettura del paese”, erigendo discopub all’aperto in luogo del bar con le bocce, palestre da body-building al posto del parco giochi per i nipoti e rastrelliere per le moto ai danni delle ben più utili panchine: una vera disdetta, soprattutto se i detective di cui parlavamo poco sopra altro non sono che un quartetto di arzillissimi pensionati, Ampelio, Pilade, Gino, Aldo, campioni indiscussi di caffè e ammazzino, maestri in tema di carte da gioco – soprattutto della famigerata briscola in cinque – e naturalmente insuperabili quando si tratta dello sport nazionale di Pineta, farsi i fatti degli altri.
L’incredibile girandola di eventi prende il via con il ritrovamento in un cassonetto del cadavere di Alina, adolescente di buona famiglia la cui condotta licenziosa non era certo mistero per nessuno. Misterioso è invece il colpevole, così come il movente, all’apparenza un brutto affare di droga e di sesso, che fa immediatamente cadere nel cerchio dei sospettati due amici della ragazzina, assidui frequentatori di discoteche. Affidate allo scarso acume del commissario Vinicio Fusco e nonostante la professionalità del medico legale Walter Carli, amico di famiglia della giovane vittima, le indagini sembrano davvero a un punto morto: toccherà a Massimo, il barista, mettere in moto una serie di lucide congetture che portino via via il paese sempre più prossimo alla verità. Ma Massimo, che quando fa troppo caldo rifiuta di fare il caffè ai clienti e non si fa scrupoli di mandare a quel paese chiunque turbi la sua etica e il suo senso delle cose, non è esattamente il tipo di collaboratore che il tronfio “dottor commissario” Fusco avrebbe desiderato…
Con una straordinaria capacità di penetrazione e di mimesi, l’autore ci butta di peso nel cuore della vita di Pineta, regalandoci pagine di autentica evasione. Le vicende dei pensionati del BarLume, tra un caffè, una partita a scopa, una rimembranza sognante e una battuta salace sulle aggraziate bagnanti al ritorno dal mare, hanno il sapore schietto e veridico delle esistenze dei nostri amici, dei nostri vicini di casa, dei nostri anziani a volte ingiustamente trascurati nonostante la prontezza delle loro menti e il valore umano del loro portato esperienziale – quand’anche evitassero di esplodere in frasi come:
Ma saranno cazzi mia se è troppo caldo o no per bere il caffè? Già che c’è quel cauterio della mi’ figliola a contammi le sigarette, ora anche il barrista ci si mette a preoccupassi della mi’ salute? Ora mi sente!!
Un libro leggero, sincero, divertente, profondamente estivo. Con un finale davvero a sorpresa. E, tra le righe, la riflessione pacata ma attenta intorno alle sorti di un microcosmo – quello delle realtà di provincia, quello delle particolarità locali – in inevitabile trasformazione verso un futuro confusionario, livellatore delle diversità.
(Articolo già apparso sulla rivista online Nuove Pagine)