Arcidosso offre all’Unesco come presidio la sua Rocca aldobrandesca. La proposta a candidarsi a diventare un “prestigioso club” Unesco, è arrivata dal sindaco di Arcidosso Jacopo Marini che ha aperto, sabato 16 giugno, ad Arcidosso, il convegno “Patrimoni culturali immateriali Unesco e sviluppo locale”, una giornata di approfondimento, patrocinata dalla Presidenza del Consiglio Regionale della Toscana, che mira a costruire insieme al comune amiatino e al Co.Svi.G. (Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche), un esclusivo appuntamento annuale, con l’obiettivo di farlo diventare un evento di grande richiamo internazionale.
“A fronte di una cultura che viene passata al tritatutto dei social e di una comunicazione culturale che non riesce a mettere radici profonde – ha detto Marini – noi rivendichiamo, invece, una forte identità comunitaria, una storia che abbiamo voluto valorizzare. Si vede anche solo osservando il contenuto di questa rocca simbolo che contiene il museo Lazzaretti, la rassegna del paesaggio medievale, la testimonianza di una storia ben radicata, i segni, i simboli e le tracce di un patrimonio storico che è nostro e che ci riguarda tutti. Una civiltà amiatina immateriale che scaturisce da beni tangibili e concreti, come il castello che noi offriamo come punto di incontro e “club” per discutere e approfondire le tematiche sulle culture immateriali”.
La giornata di sabato ha segnato l’avvio di un percorso che potrebbe essere entusiasmante strumento di sviluppo per l’Amiata a consolidamento della sua immagine, come hanno ribadito i tanti ospiti presenti, coordinati dall’impeccabile mano di Marco Hagge, giornalista Rai, appassionato di risorse culturali “minori” che racconta da anni sul piccolo schermo, alla curiosità del pubblico. Tante le sfaccettature dei temi trattati: il rapporto fra cultura e sviluppo (Alessio Re segretario Fondazione Sant’Agata), la straordinaria valenza dei paesaggi culturali (Maurizio di Stefano, presidente Icomos). Un grande affresco delle culture italiane e non solo, raccontate da Aurelio Angelini, direttore Unesco Sicilia, Franco Bocchieri, consigliere Icomos, Piero Sardo, presidente Slow Food, Dario Zigiotto esperto musiche e culture che ha anche ipotizzato un festival proprio ad Arcidosso ogni anno, sugli argomenti delle varie candidature presentate all’Unesco. Un mosaico di angoli d’Italia che hanno gusti e profumi degni di essere tramandati e valorizzati, e proporsi a candidature autorevoli come beni immateriali: un fascino che se da un lato chiede di essere salvaguardato, dall’altro si propone come molla anche economica di valore per i territori. Poi la carrellata di candidature e casi di studio con tavola rotonda finale. Il workshop di Arcidosso, insomma, si è proposto di mettere in piedi un momento, aperto al pubblico, di riflessione e laboratorio di idee di alto livello sul valore culturale, sociale ed economico del patrimonio culturale tradizionale, con riferimento specifico alla Convenzione UNESCO del 2003. Auspicabile un rapporto diretto coi tavoli accademici e/o istituzionali. C’è inoltre l’esigenza di aggiornarsi reciprocamente sui contenuti della Convenzione UNESCO 2003 che viene continuamente modificata. In futuro si potrebbero prevedere corsi, seminari, approfondimenti su un argomento ancora poco conosciuto nel nostro Paese. “Un’esperienza da considerare il preludio e l’avvio di un lungo ed entusiasmante percorso”, commenta il sindaco Jacopo Marini che non esclude una futura candidatura amiatina per ottenere il sigillo Unesco. Sabato, dunque, la rocca aldobrandesca si è riempita di profumi e canti: dall’odore penetrante dei tartufi bianchi e neri portati al castello da Michele Boscagli, presidente associazione città del tartufo alla succulenta dieta alpina candidata al sigillo Unesco e presentata da Giacomo Pettenati, dai canti inconfondibili dei Cardellini del Fontanino di Castel del Piano. Una giornata ambiziosa destinata a valicare i confini regionali e forse, nazionali , come ha dimostrato, sabato, il progetto delle vie e la civiltà della transumanza o quello del saper fare dei liutai che oltrepassano confini e barriere nazionali. “Noi – commenta il sindaco Marini – abbiamo la civiltà del castagno, una civiltà che ha impastato di sé cultura materiale e immateriale. E potremmo, facendo sistema in tutta l’Amiata ragionare su questo aspetto che ha dato linfa e identità al popolo amiatino e proporlo come bene da riconoscere”.