Si tratta di una grande Croce dipinta, una delle più interessanti opere pittoriche di tutto il comprensorio amiatino, custodita nella piccola chiesa del SS. Salvatore (ora museo), a Roccalbegna (Grosseto). È posta all’interno di un’edicola centinata sull’unico attuale altare e attribuita a Luca di Tommè (Siena, 1330 ca. – 1389 ca.), artista senese, un esempio significativo di questo soggetto artistico, nato a Lucca nel XII secolo, tanto caro alla pittura dell’epoca che ricalca lo schema standardizzato del tema, molto usato dagli artisti medioevali, le cui testimonianze sono riscontrabili in diverse opere conservate in molte chiese e musei italiani. La prima che si conosce, un bell’esempio di Christus triunphans (Cristo trionfatore sulla Morte) si trova a Sarzana (La Spezia), nella Cattedrale di Santa Maria Assunta, dipinto da Mastro Guglielmo nel 1138.
La Croce di Roccalbegna è una tipologia successiva, un Christus pathiens (Cristo sofferente fino alla Morte), che ha nei terminali del braccio orizzontale (patibulum), la rappresentazione a mezza figura della Vergine a sinistra e di San Giovanni Evangelista a destra, due personaggi testimoni della Passione e Morte di Cristo. Forse dipinto in un periodo anteriore al 1366, dimostra caratteri tipici della pittura senese e cioè: la nitidezza del disegno ma anche una certa plasticità delle forme, alquanto secche, costruite con colori lividi, memori di certi modi pittorici di Pietro Lorenzetti. A proposito del cromatismo del Tommè così si scrive: «La sua è un’arte torbida, inquinata: in nessun altro senese il colore appare più basso, più brumoso» (Cesare Brandi).
Ed ecco l’interessante mia ricerca della geometria. L’attenta analisi rivela che la costruzione geometrica dello schema compositivo ha origine dal segmento AB che corrisponde alla misura di un braccio fiorentino (cm 58,36) sul quale viene costruito un triangolo equilatero ABC che, con il prolungamento di due lati, dà luogo ad un secondo triangolo simile più grande che si chiude nell’asse centrale dell’elemento trasversale della croce. La determinazione del terzo lato di questo triangolo avviene tracciando un arco con raggio HF a partire dal punto H fino ad incontrare il punto F sulla seconda circonferenza che tocca la prima nel punto D e raggiunge le estremità del braccio trasversale della croce nei punti IL; unendo questi due punti si trova l’asse centrale orizzontale del braccio stesso che incrocia l’asse verticale nel punto O. Partendo dal punto C e collegando questo con due parallele ad HI e ad HL, si trovano i punti MN sulla retta IL che determinano le estremità delle braccia di Cristo. L’altezza totale della Croce si realizza riportando cinque volte AB, misura di HG che complessivamente corrisponde all’antica pertica toscana (cm 291,8) e la lunghezza del braccio orizzontale IL è invece uguale a quattro volte la stessa misura iniziale AB. Infine, il gioco delle circonferenze dello stesso raggio e le loro intersecazioni creano i rapporti dello schema che comprende la forma della grande croce dipinta e della figura di Cristo in essa contenuta. Lo zoccolo ligneo che doveva, presumibilmente, costituire la base della croce, in corrispondenza del triangolo piccolo iniziale, è mancante.
E quest’opera non è l’eccezione ma la regola. Rappresenta la normale procedura nella determinazione di rapporti e di configurazioni all’interno di spazi operativi, in alcuni momenti storici; il frutto di una precisa mentalità figurativa prodotta e consolidata nel tempo.
Giombattista Corallo