Tutti conoscono Calvino, almeno per sentito dire, dallo studente a cui per la prima volta e prematuramente viene consigliata la lettura de Il barone rampante, al giovane universitario che lo incontra quasi per sbaglio nel manuale di Geografia urbana, nel quale si citano con evidente compiacimento brani da Le città invisibili. Per alcuni invece Cosimo Piovasco e Ottimo Massimo, Agilulfo e Gurdulù, Medardo e il dottor Trelawney, sino a entità che mescolano troppo abilmente l’essenza di personaggio con il realismo di persona in carne e ossa, come l’indimenticabile Ludmilla di Se una notte d’inverno un viaggiatore, rappresentano altrettanti punti focali di una mappa tutta fantastica, fatta di reminescenze, di riflessioni, di divertissement, di godimento estetico, diventano insomma le coordinate stesse dell’autentico piacere di leggere, quello stesso che Italo Calvino definì “un bisogno-piacere” (Il libro, i libri, Buenos Aires 1984).
Il libro, i libri è proprio il titolo scelto per la bella mostra che si è svolta a Siena dal 1° al 17 ottobre nella Sala storica della Biblioteca comunale degli Intronati, ideata da Luca Baranelli, ex redattore di Einaudi, e allestita da Valeria Cavalloro di Incontrotesto e Roberto Nencini della Biblioteca comunale di Siena. La mostra, che è stata visitata da circa mille persone, si è proposta di ricordare lo scrittore – morto nell’antico ospedale Santa Maria della Scala di Siena trent’anni fa, il 19 settembre 1985 – principalmente attraverso il suo lavoro editoriale, la sua attività di giornalista militante e di collaboratore di quotidiani e periodici italiani e stranieri, proponendo la lettura di numerose sue pagine scelte con cura all’interno di una vastissima produzione narrativa e saggistica.
Grazie all’esposizione delle prime edizioni di quasi tutte le sue opere (pubblicate da Einaudi, Franco Maria Ricci, Garzanti e Zanichelli), dall’esposizione di libri da lui tradotti e curati, assieme alle quarte di copertina, alle bandelle e ai paratesti che Calvino produsse instancabilmente per “i libri degli altri” veniamo introdotti alla riflessione cardine che questa mostra ha avuto il merito di proporre: l’attenzione, cioè, non sul lavoro di scrittore, ma su quello, certamente più difficile da circostanziare, di curatore, di scopritore, di “presentatore” di opere e autori che Italo Calvino sapeva cogliere e porgere talvolta con una sola frase, di illuminante potere di penetrazione.
E, discorrendo di editoria e di cura editoriale, la domanda sorge spontanea: chi legge, oggi, i libri? Chi li avvicina, con l’ausilio di una scrittura critica, al pubblico dei lettori? Chi si occupa di svolgere quel lavoro di vaglio che chiede intelligenza, sensibilità, amore per la parola scritta?
È un discorso sensibile, perché accanto allo scorrere maestoso delle vite di case editrici storiche – che pure hanno imparato a stare al passo con i tempi – si assiste alla proliferazione di una miriade di rivi paralleli, che s’intersecano e che trovano la propria strada, scegliendo le declinazioni più disparate.
Per fortuna c’è ancora chi legge i libri, chi ne scrive le introduzioni e chi li recensisce, il cambiamento sta semmai nel “come” questo viene fatto, e con quali strumenti: il web ha allargato gli orizzonti in una maniera inimmaginabile sino a qualche tempo fa, trasformando dalle radici il concetto di scrittura, il concetto di scrittore, il concetto di lettura. Se tutti possono scrivere ovunque, allora sono tutti scrittori? Se chiunque può condizionare centinaia di persone con un giudizio personale espresso in modo disimpegnato, allora sono tutti critici? Se chiunque può autopubblicarsi e autopromuoversi, allora ciascuno può sentirsi parte attiva di un immenso ufficio stampa? Diritti d’autore, garanzia della qualità del prodotto-libro, nuove funzioni della casa editrice, sono argomenti sopra i quali si può discutere per ore, dal momento che è difficile isolare e identificare una propria linea di pensiero rispetto a concetti che sfociano in tematiche enormi come la democratizzazione della cultura, il valore del lavoro personale, l’arte come professione.
Facilmente i nostalgici lamenteranno quel buon vecchio baluardo della qualità del libro rappresentato dal famigerato Correttore Di Bozze, facendone esempio di un tempo in cui il mondo della scrittura, essendo più piccolo, era assai più sicuro e a portata d’uomo. Forse è vero. Eppure che incredibile ricchezza di pensiero, di esperienze, di cultura nella fioritura rapidissima di tutta una serie di riviste, di blog letterari, di siti che fanno della critica letteraria, della circolazione delle idee e della comunicazione la loro missione sociale! Il mondo è cambiato e la comunicazione si adegua: cambia anche la lettura?
«Penso che la lettura» dice Calvino «non sia paragonabile con nessun altro mezzo d’apprendimento e di comunicazione, perché la lettura ha un suo ritmo che è governato dalla volontà del lettore; […] la lettura è un rapporto con noi stessi e non solo col libro, col nostro mondo interiore attraverso il mondo che il libro ci apre.
Forse il tempo che potrebbe essere destinato alla lettura sarà sempre più occupato da altre cose; […] Comunque sia, chi ha bisogno di leggere, chi ha piacere di leggere continuerà a ricorrere ai libri, a quelli del passato e a quelli del futuro.»
C’è persino chi, facendo eco alle riflessioni di Calvino riguardo al tempo sempre più esiguo da dedicare alla lettura perché occupato da altre cose, arriva a teorizzare e mettere in atto strategie come il Movimento Slow Communication, una sorta di reazione alla velocità di fruizione e al ritmo frenetico che la vita digitale e la gestione delle attività online hanno imposto alla nostra maniera di affrontare le cose.
Mail, sms, chat, social media assorbono la nostra attenzione e incrementano il nostro desiderio di essere protagonisti, di “auto-narrarci” ad uso di un pubbico potenzialmente illimitato: che dire allora di uno scrittore, Italo Calvino, che quando si accingeva a scrivere intorduzioni, prefazioni e quarte di copertina a servizio di libri altrui lo faceva quasi sempre in forma anonima, senza firmare né siglare?
Grazie a Incontrotesto, uno dei luoghi culturali online di cui discorrevamo, per aver ideato “Un ciclo di incontri, interviste e saggi brevi su e con autori del Novecento e contemporanei, organizzato dagli studenti della Facoltà di Lettere di Siena”, dove “La centralità del testo è la linea guida dell’intero progetto”. Bello l’obbiettivo di porre l’attenzione sulla materialità dei testi e del loro contenuto, cercando contemporaneamente di “ri-vederli sotto una lente nuova, attraversarli in controluce”. Una maniera, per tornare a Calvino, di trovare la propria adesione ad una “ardua e riduttiva disciplina volontaria”, quella che lo scrittore attribuiva al suo Cosimo di Rondò, personaggio in cui Leonardo Sciascia, con una definizione che calzerebbe a pennello allo stesso Calvino, vide “una sentinella della ragione, vigile e scattante contro tutti i mostri della natura e della storia”.