Salutiamo i primi giorni di marzo senza bene renderci conto di cosa sta succedendo: che mese è? Cercare risposte nella natura quest’anno sembra l’ultima cosa da fare. Che belli i prati, le scarpate, le dolci pendenze della cinigianese punteggiati di peschi, di meli, di ciliegi in fiore… Peccato che siano in fiore dalla metà di gennaio. E la neve? Fonte di sane bestemmie per chi deve affrontare in macchina le curve ghiacciate che collegano gli uni agli altri tutti i comuni dell’Amiata, ma anche di linfa vitale, movimento, turismo: quest’anno niente. O comunque poco. Nella giornata dell’Epifania una ventina di centrimentri non è bastata per fare aprire gli impianti in vetta, la coltre di neve assolutamente insufficiente a motivare la scelta di dare il via alla stagione turistica invernale. Neanche il previsto abbassamento di temperature delle settimane successive – con precipitazioni che potevano far sperare che le piste diventassero sciabili – ha in realtà prodotto il risultato che operatori, istruttori e turisti speravano: nonostante le imbiancate possiamo dire di avere assistito a un inverno davvero anomalo dal punto d vista climatico.
C’è il rischio che non sia solo il turismo a soffrirne. Dopo un’annata travagliata per quanto riguarda le colture della vite e dell’olivo, il fatto che quest’ultimo inverno sia stato caratterizzato da una certa siccità – oltre che da temperature decisamente più alte della media – preoccupa gli esperti di clima e agricoltura: si tratta di un vero e proprio cambiamento climatico che interessa molto da vicino la Toscana.
Il 2015 è stato a livello mondiale l’anno più caldo mai registrato, per la Toscana in particolare, secondo i dati degli agricoltori della Coldiretti, il più caldo degli ultimi dieci anni, con temperature minime e massime di un intero grado superiori alla media climatica usuale.
Cosa dire poi della confusione che condizioni meteorologiche simili creano sia nella vegetazione sia nelle persone? Si teme che molte colture, dopo aver subito una sorta di “risveglio” prematuro, abbiano a riportare danni più in là col tempo, verso la primavera inoltrata, quando potrebbero presentarsi recrudescenze del clima con bruschi riabbassamenti delle temperature o addirittura pesanti precipitazioni che rovinerebbero le piante. Come dice la saggezza popolare “se febbraio non febbreggia, c’è marzo che marzeggia”, a significare: finché non è finito marzo non si può dire di essere usciti indenni dall’inverno.
Un inverno che passeggiando per il Corso a Grosseto sembra definitivamente sconfitto: il sole scalda, fa dimenticare le strane piogge a ciel sereno con annessa grandine che ci hanno sprpresi in questi giorni, e fa accantonare per un momento anche il disorientamento provocato da una’avvicendamento così imprevedibile e rapido di condizioni climatiche differenti: caldo, freddo, vento, pioggia, grandine, tutto insieme, nel giro di pochi giorni, poche settimane, e sempre fuori stagione.
L’Ombrone resta là enigmatico a ricordarci che il pianeta forse è davvero impazzito, un giorno limpido e azzurro, quello dopo altissimo e limaccioso come un Gange in miniatura. Dopo il freddo non freddo, l’effetto risveglio fuori programma che ha modificato il ciclo vegetativo, le grandinate estive in inverno e la neve fantasma, ci auguriamo per la natura e per l’uomo che questi sconvolgimenti climatici non vengano a danneggiare una terra che dall’agricoltura trae ancora una grossa fetta della sua economia.