I due giardini confinavano seguendo una recinzione di pali di legno incrociati che li divideva: l’avevano fatta insieme prima di sposarsi. I terreni circondavano le abitazioni toccandosi per un centinaio di metri; curati, con l’erba rasata e poche piante disposte ordinatamente.
Nella proprietà di Giulio c’era un castagno che dava grossi marroni; era stato piantato dal bisnonno, cresciuto poi velocemente proprio a ridosso del confine, ora il tronco quasi toccava i pali; la chioma si spingeva anche sul prato di Marcello, offrendo durante la stagione estiva pure a lui ombra, tanto che entrambi avevano costruito un tavolo in pietra per pranzi e cene all’aperto, proprio lì sotto. Coniugati da una decina d’anni, Giulio aveva sposato Alessandra la ex di Marcello, mentre questo aveva finito per prendere in moglie Anna la ex dell’altro. Era successo che, a forza di frequentarsi, le due donne si erano accorte di preferire e di andar più d’accordo con l’amico del proprio uomo. In pochi giorni le coppie si riaggiustarono senza tragedie e divisioni inconsolabili. I due restarono ottimi amici. Le profonde radici del castagno in un punto della proprietà di Marcello erano stranamente superficiali, avevano scalzato il terreno emergendo a tratti; strisciavano tra l’erba come serpenti senza muoversi. Più di una volta i piedi di Anna vi avevano urtato. Più di una volta Alessandra aveva visto Anna raccogliere grossi porcini, che invece nel suo prato non crescevano mai. Non solo ma anche i marroni, di là, da Marcello, cadevano più abbondanti, e le sembravano più grandi. “Bisognerebbe potarla questa pianta, per risistemare la chioma; è troppo sbilanciata sull’altro prato” disse una mattina d’estate Alessandra a suo marito. “Ne parlerò con Marcello” rispose Giulio. “Che bisogno c’è di parlargli. La fai potare, e basta. Scusa, il castagno è nostro”. “Va bene, ho capito, ma dovremmo pur avvisarlo, visto che entreremo anche nel suo prato. Se si fa insieme, poi mi darà una mano a ripulire”. Anna faceva colazione mentre alla stessa ora e nello stesso giorno questa conversazione avveniva di là dalla recinzione. Era bella più dell’amica; non che l’altra fosse brutta, ma aveva qualcosa che la rendeva più dolce, più femminile. Sembrava quasi rimasta fanciulla, con quell’espressione innocente che i biondi capelli e gli occhi verdi costruivano circondando e segnando un volto pallido e ovale. Sorbiva il caffè e guardava il marito leggere il giornale mentre finiva il suo orzo con ricotta. “Vorrei fare una passeggiata insieme a Giulio e Alessandra. Che ne dici? Mi sembra la giornata ideale. Glielo chiedo?” disse Anna. “Si, è una buona idea; poi, magari mangiamo insieme.” “D’accordo. Allora vado a proporglielo”. Attraversò il suo prato e entrò nell’altro, seguì il viottolo di mattoncini fino alla porta, ma con la mano già alzata per bussare, si arrestò sentendo parlare. E’ la curiosità, a volte, più forte del buon senso e della fiducia nelle cose e nelle persone; così accostò l’orecchio, con cautela, al legno dell’uscio per sentire meglio. I due stavano per uscire e si erano fermati proprio a due passi dai battenti di legno. “Comunque, amor mio, non è ancora il momento di potare, glielo dirò quando saremo all’inizio di Novembre”. “Si, ma almeno accennaglielo”. “Scusa, ma accennarglielo o dirglielo non è la stessa cosa?”. “Uffa, quanto la fai lunga. Ho capito, ne parlerò con Anna. Tra donne è tutto più facile” concluse decisa Alessandra. Il grande castagno intanto si ergeva come sempre, come tutti i giorni, sul confine, con le sue radici piantate in terra e la grande chioma rivolta al cielo. Le due donne camminavano davanti a una trentina di metri dai coniugi, a braccetto, quando Anna chiese all’amica se le piacevano i porcini. “Certo che mi piacciono. Ma non vado mai a funghi, Giulio non ama cercarli…tanto non li trova.” “Oggi a pranzo ti farò assaggiare quelli che ho raccolto quest’autunno sotto il castagno nel nostro prato. Li ho congelati a fette, già puliti e pronti all’uso.” “Ah sì?! Sotto il nostro castagno?” “Già, sotto il vostro castagno.” “Nostro, vostro, che differenza fa. E’ lì, e sembra avere in simpatia più voi di noi. Certo non per colpa vostra o nostra, ma i marroni più belli cadono nel vostro prato, i porcini nascono solo dalla vostra parte, e anche l’ombra è da voi più fitta.” “Alessandra, cosa ci possiamo fare io e Marcello. Comunque, per quanto bello e produttivo l’albero ha radici un po’ troppo invadenti. Disturba l’armonia del prato, rompe il verde manto erboso, creando problemi a chi passeggia. Nelle sue nodose e enormi radici è facile inciamparci. Secondo me lo avete lasciato crescere troppo disordinatamente, senza controllare il suo sviluppo.” “Se c’era qualcosa da fare andava fatta insieme. Il castagno è lì, non può far niente da solo. Se voi ci aveste detto delle radici, avremmo potuto insieme decidere di far qualcosa. Mica vorrai accusarci di farle crescere a posta, per darvi noia?” Marcello e Giulio da dietro vedevano le due consorti parlare. “Chissà di cosa stanno parlando?” disse Marcello rivolgendosi a Giulio. “Io me lo immagino. E’ il castagno l’oggetto della loro conversazione. Il castagno. Il bel grande verde castagno.” “E perché mai, che gli ha fatto il castagno?” “Caro Marcello, i castagni crescono, e ciò che non può una storia d’amore finita, lo può un castagno, con i suoi ricci spinosi e le sue grandi radici.” “Non mi dire che stanno discutendo di tagliarlo?!” “No. Assolutamente. E’ che dà noia, un po’ di qua, un po’ di là. Troppo in evidenza: cosa vuoi, sotto gli occhi di tutti e di tutto. E’ un po’ un affronto al quieto vivere; è indiscreto ecco.” “Ho capito. Si, ora ho capito. Carina questa situazione, ancora in nuce, ma foriera di possibilità nefaste, di amicizie finite. Mi dispiacerebbe rovinare un così bel rapporto per una fagacea di troppo.” “No. Non si rovina proprio niente. Tranquillo. Quando torniamo il castagno non ci sarà più.” “Come, che vuoi dire?” “Niente. Solo che gli ho parlato di nascosto, senza farmi vedere da nessuno e gli ho chiesto di andarsene. Di spostarsi un pò più in là, dentro il bosco.” Infatti quando tornarono il castagno non c’era più. Le donne, non capirono, come credo del resto anche voi. Ma il castagno andò a stare lontano da occhi e da cuori, andò a cercare linfa verde, e odore di muschio. Perché la causa è un’illusione del tempo. Perché il tempo è l’illusione in movimento. E il movimento? Ancora tempo. Lo spazio è tempo. E il tempo non esiste. Buon Natale ai puntali e alle palle colorate, a voi no. Perché tanto, buono o cattivo, poco vi cambia, a voi.