Guernica

Ieri l’altro, sabato 26 Aprile 2025, il “mondo” era convenuto in Italia, a Roma per dare l’ultimo saluto a Papa Francesco, venuto a mancare qualche giorno prima. Anche le notizie delle guerre che si stanno combattendo da anni, in particolare quella fra la Russia e l’Ucraina e quella fra Israele e Hamas a Gaza che non trovano ancora una possibilità di un accordo per raggiungere una pace giusta e duratura, solo pochi si sono ricordati che nello stesso giorno del primo trentennio del secolo scorso un altro evento tragico si era verificato: il bombardamento della cittadina nella regione basca della Spagna: Guernica, che noi conosciamo bene grazie all’opera pittorica sul tema di Pablo Picasso.

Guernica, infatti, è un dipinto di grandi dimensioni che Picasso dipinse per protestare energicamente contro la violenza che di frequente insanguina la storia, esprimendo, con il pennello, la sua partecipazione alla sofferenza umana con un giudizio di straordinaria forza morale. Il fatto rappresentato è ambientato nella guerra civile spagnola e riguarda il bombardamento della città basca di Guernica avvenuto il 26 aprile del 1937, in un giorno di mercato, da parte di aerei tedeschi della legione Condor e italiani della Aviazione Legionaria della Regia Aeronautica Italiana venuti in aiuto delle truppe del generale Franco contro il governo repubblicano e sperimentare una nuova arma; un fatto terroristico d’inaudita violenza. Non si tratta di una rappresentazione realistica dell’evento drammatico, in particolare, ma la denuncia appassionata e sincera della distruzione e della morte che tutti i fatti bellici producono. Perciò non sono, riconoscibili personaggi o luoghi della tragedia spagnola ma l’episodio, ambientato in una località virtuale, diventa un forte grido di dolore che si amplia enormemente fino ad assumere un significato universale. Non si conosce il numero delle vittime che provocò ma si dice che siano state la metà degli abitanti della cittadina che allora ne contava più di settemila.

Così il cavallo e le donne della parte destra della composizione appaiono come le vittime della bestialità umana simboleggiata dal toro raffigurato nella parte alta a sinistra: il mostruoso Minotauro della mitologia; e la donna che si dispera per il figlio morto che reca sulle ginocchia vuole significare l’impotenza dei deboli contro i soprusi dei più forti; l’uomo a terra, morto, con la spada spezzata a sottolineare la resistenza eroica. E poi la donna che regge il lume, la lampada della storia che prende nota della tragedia avvenuta che rischiarerà la memoria dei posteri.

Realizzata in solo due mesi di lavoro per rappresentare il Paese Iberico all’Esposizione Mondiale di Parigi del 1937 si presenta con uno straordinario impatto emotivo, è da considerare la sintesi dei contenuti drammatici che l’artista spagnolo ha sempre affrontato ed evidenziato già dalle sue prime tele e qui accentuati dal contrasto di bianco e nero e dal suo linguaggio pittorico essenziale di grande dinamicità formale ed intellettuale. Misura m 3,51×7,82 ed è conservata a Madrid nel Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia.

È evidente il ricordo della nota opera, altrettanto grande di dimensioni (misura m 2,06×3,45), di Peter Paul Rubens dal titolo Gli orrori della guerra, probabilmente una delle fonti d’ispirazione per Picasso per il dipinto spagnolo.

La composizione, affollata, reca a sinistra il Tempio di Giano col il portone aperto (solo in tempo di guerra), Europa la figura femminile col lungo e scuro vestito, che cerca di fuggire con le braccia al cielo, una figura maschile vestita da un’armatura, con la spada insanguinata: il dio Marte che viene trattenuto da Venere, seminuda alla quale si aggrappa il piccolo Eros, ma tirato da Aletto una delle tre Erinni o Furie insieme a Tesifone e Megera perché il dio della guerra non rinunci alla strage; una madre travolta dalla confusione che protegge il proprio bambino in braccio. E ancora una figura maschile a terra morta nel suo tentativo di difesa, un uomo che ha in mano un compasso: un architetto che sottolinea come il liuto in mano ad una’altra figura e il piede di Marte che calpesta uno spartito musicale, tutti elementi che con le frecce che fuoriescono in disordine dalla faretra indicano il danno che la guerra produce non soltanto la morte ma anche la distruzione della cultura.

Anche in quest’opera si registra una dinamicità straordinaria nelle forme costruite con una pennellata altrettanto movimentata e nel colore pastoso, quasi materico e scintillante che accentua con vivacità, questi caratteri principali della pittura di Rubens.

L’influenza della pittura italiana, ha vissuto otto anni nel nostro Paese, a Roma, Mantova, Genova ma è soprattutto Venezia, che col “tono”, consente al pittore fiammingo, di produrre quanto di meglio abbia potuto realizzare l’arte Barocca in Europa. È, infatti, considerato il pittore che ha aperto la strada al barocco: «Nell’ideazione di soluzioni cromatiche e compositive, Rubens rivela una profonda conoscenza dell’arte veneta, acquisita tramite gli illusionistici teleri di Jacopo Tintoretto, le profusioni di luce dorata di Tiziano e gli scorci grandiosi di Paolo Veronese».( G. M. Weston, Rubens e l’eredità italiana).

E l’analogia di elementi comuni nelle due opere analizzate ci permette di approfondire e comprendere appieno il messaggio che il testo vuole, significativamente, comunicare.

20250428

Guernica
Pablo Picasso, 1937
Madrid. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia.

 

tela orrori

Gli orrori della guerra
Peter Paul Rubens, 1638 ca.
Firenze, Galleria Palatina

Da Venerio
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