David Lazzaretti: storia di un predicatore italiano

lazzarettiOperò nella Toscana di fine XIX secolo, particolarmente nella zona del Monte Amiata. Per il suo visionarismo e per la sua tragica fine, è stato chiamato il Cristo dell’Amiata o profeta dell’Amiata. Al suo nome è legato quello del cosiddetto Giurisdavidismo (o Chiesa Giurisdavidica).

Nasce a Arcidosso il 6 novembre 1834, sul Monte Amiata, nella povera famiglia contadina di Giuseppe e di Faustina Biagioli.
Nel 1868 ha delle crisi mistiche, determinate da visioni di intensa suggestione, che ne modificano totalmente il carattere e la personalità. Si autoconvince a dover assolvere ad una missione divina, aderisce con tutto il suo fervore alla Chiesa cattolica, inizia ritiri, digiuni ed altre pratiche ascetiche. Si impegna attivamente nella costruzione di un santuario in Arcidosso e di un eremo sul monte Labro, che è l’altura più meridionale del gruppo del Monte Amiata.
Dal 1873 muta il proprio cognome da Lazzeretti in Lazzaretti, in riferimento non solo al personaggio evangelico, ma anche a quello del romanzo di Giuseppe Rovani Manfredo Pallavicino, un Lazzaro Pallavicino preteso discendente dei re taumaturghi ai quali erano popolarmente attribuiti poteri di guarigione dovuti alla natura divina della regalità. Ben presto racconta di sogni e visioni, che si alternano ad una vita dissoluta. Queste visioni, però, modificano la sua vita di ordinaria povertà e da giovane poco cosciente, la quale conduce come barrocciaio, trasportando terra di Siena da Arcidosso a Grosseto e Siena, fino a Roma. Si sposa nel 1856 e diventa padre di cinque figli; nel 1859 si arruola nella cavalleria piemontese, prendendo parte nel 1860 alla battaglia di Castelfidardo contro le truppe pontificie.
Grazie anche alle pubblicazioni e ai libri che egli scrive, la sua fama varca ben presto i confini della regione. Il movimento si estende in Maremma, in particolare a Scansano e nelle campagne intorno a Grosseto, e in modo altrettanto consistente nella Sabina e nel Reatino. Egli racconta che dalle visioni avute verso il 1868, ha avuto l’annuncio di una grande missione da compiere, che egli dovrà esporre al papa, per poi condurre una vita di eremitaggio e di predicazione.

La sua missione presso Pio IX nel 1869 non ha avuto alcun successo, ma egli si ritira ugualmente nell’eremo quattrocentesco, abbandonato, di Sant’Angelo, presso Montorio Romano. Qui matura la mistica imposizione simbolica che distingue successivamente il suo credo e il suo operato: il segno di due lettere C (di cui la prima rovesciata) e di una croce, emblema rappresentativo di una futura chiesa cristiana.

Tornato ad Arcidosso e raccolti fra la popolazione di quelle montagne numerosi seguaci, in breve tempo, dal 1870 al 1872, fonda tre istituti religiosi con il consenso delle autorità ecclesiastiche. I tre edifici sono stati costruiti sulle pendici del monte Labbro, sulla cui cima è sorta una nuova chiesa: la Santa Lega.

David Lazzaretti muore ad Arcidosso il 18 agosto 1878, insieme a tre o quattro contadini, che lo hanno seguito in una processione pacifica e variopinta per la presenza di labari, di tuniche, indumenti colorati e di contrassegni sacri. Non è stato mai chiarito perché ad attendere David ad Arcidosso fosse presente un militare sconosciuto, un certo Antonio Pellegrini, bersagliere in licenza, che non faceva parte della locale stazione dei carabinieri, né delle strutture di polizia della zona.
È stato questi a colpire mortalmente David centrandolo sulla fronte. Il Pellegrini è stato poi ritrovato morto, qualche tempo dopo, ucciso a coltellate in un vicolo di Livorno.
La profezia del Lazzaretti (il suo martirio) si è realizzata il 18 agosto 1878. Il movimento giurisdavidico (che ha preso nome da lui) è stato soggetto di persecuzioni. Oggi è tuttora presente con pochi seguaci nel territorio amiatino, dove è profondamente rispettato nel ricordo di un protagonista.
La sua buonafede e il suo impegno umanitario sono stati evidenziati dalla rilevante letteratura storica e scientifica che si è formata via via intorno al “profeta dell’Amiata”.

Alice Roussell

 

Monte Labbro: ambiente naturale

labbroDal versante Sud-Occidentale del Monte Amiata vediamo levarsi, sino ad un’altezza di 1193 metri, la vetta del Monte Labbro. Il monte si innalza maestoso nel Comune di Arcidosso all’interno di due vaste aree protette, in continuità con i vicini rilievi di Monte Buceto, Poggio dell’Olmo e del Monte Aquilaia.

Si differenzia dagli altri monti per il suolo ricco di rocce e per la sua cima insolitamente spoglia. È infatti privo dei faggi e dei castagni tipici di queste zone, ma questa caratteristica sembra renderlo ancora più affascinante. All’interno di questa area naturalistica -fino a pochi anni fa- era possibile osservare numerose specie della fauna selvatica appenninica come il daino, il capriolo, il cervo, il muflone, il camoscio e il lupo. Oggi il comune di Arcidosso sta procedendo al riadattamento del parco che negli ultimi anni aveva subito delle fasi di degrado. Numerose sono anche le specie vegetali che crescono spontaneamente all’interno dell’area protetta; tra queste troviamo: l’acero, l’acero campestre, il biancospino, il castagno, la ginestra, il ginepro e il tiglio. Il Monte Labbro è sotto la tutela del SIR del “Monte Labbro e alta valle dell’Albegna”. All’interno del sito vi sono degli elementi di criticità quali; casi di bracconaggio, rischi di abbattimenti illegali di specie presenti a bassissima densità.

Per superare queste criticità sono stati individuati degli obiettivi, quali la tutela e il ripristino del complesso mosaico ambientale, la conservazione dei rilevanti popolamenti di uccelli nidificanti, degli elevati livelli di naturalità dei corridoi fluviali e quella dei popolamenti di anfibi.

Una delle più peculiari caratteristiche ambientali è sicuramente quella che si manifesta in primavera, quando a tappezzare le rocce del monte arrivano le coccinelle.

Matteo Pierguidi

 

Monte Labbro e storia

labbro2Il monte Labbro fu scelto da David Lazzaretti come centro della comunità giurisdavidica da lui fondata. Vi restano le rovine degli edifici innalzati tra il 1869 ed il 1875, in particolare la torre a pianta circolare -sotto la quale sorge un altare in cui i proseliti pregavano- l’eremo e la chiesa. La realizzazione della torre giurisdavidica iniziò nel luglio 1869 e terminò nell’agosto 1870. Essa, tuttavia cedette dopo poco tempo per il peso del tetto. Dopo la morte del Lazzaretti, la torre man in mano venne trascurata, finendo in rovina. Alcuni seguaci giurisdavidici effettuarono tentativi di recupero nel 1958. Successivamente però durante una giornata tempestosa venne gravemente danneggiata da un fulmine. La torre venne consolidata e messa in sicurezza nel 1995, per poi essere restaurata negli anni tra il 2003 e il 2004. Inoltre, situati vicino alla torre si possono osservare i ruderi di altri edifici sacri giurisdavidici, quali la chiesetta, consacrata nel 1872, e l’eremo la cui costruzione venne completata nel 1875. Certamente, David Lazzaretti, non scelse il Monte Labbro per casualità, dalla sua cima spoglia, ognuno di noi ha la possibilità di osservare tutto l’ambiente circostante, l’uomo si fa spettatore di fronte a quello che Eugenio Turri definisce “il paesaggio come teatro”. Da lì l’occhio osserva la bellezza del cono vulcanico del Monte Amiata, giungendo sino al mare. Un luogo ricco di spiritualità confermato anche dal fatto che nei pressi del Monte Labbro nacque nel secolo successivo (1981) la comunità di Merigar, luogo che nel 1990, durante l’inaugurazione del tempio ebbe l’onore di ospitare il Dalai Lama.

Angelo Nai

 

E poi…?

Spesso nel pensare a David e alle sue vicende le persone e soprattutto i giovani, tendono a credere che si tratti di una storia antica o che comunque li riguardi molto da lontano. Questo luogo comune è determinato dal fatto che dalla morte di David sino ai giorni nostri, numerosi autori, scrittori, filosofi si sono interessati al Lazzaretti, ma molto meno si è sentito parlare dei suoi seguaci, dei suoi discepoli, di coloro che, di generazione in generazione, hanno tramandato il suo pensiero. In molti, infatti, non sanno che la dottrina del Lazzaretti è stata custodita dal 1878 sino al 2002 da otto sacerdoti: Filippo Imperiuzzi – Cherubino Cheli – Francesco Tommencioni – Giovanni Conti – Giuseppe Conti – Arcangelo Cheli – Nazzareno Bargagli – e per ultimo Turpino Chiappini. Ognuno di loro ha svolto il servizio religioso in modo diverso, ma il principale scopo di tutti è stato quello di cercare di mantenere una vita il più possibile vicina all’insegnamento che “Il Santo David” aveva dato.
imperiuzziIl modo in cui hanno operato è stato determinato principalmente dal periodo in cui hanno vissuto e dalle esigenze che esso ha imposto: in un primo momento è stato necessario riportare alla luce la “Fratellanza Cristiana” che aveva da sempre caratterizzato la comunità; una seconda fase è stata, invece, destinata alla traduzione del pensiero del Maestro in modo da renderlo più comprensibile a tutti. In seguito si è sentita la necessità di far conoscere le opere di David e, in un altro periodo ancora, i discepoli hanno addirittura provato ad avvicinare il rituale giurisdavidico a quello cattolico. Infine, nell’ultimo frangente, Turpino ha deciso di provare a riportare la semplicità, la naturalezza e l’umiltà al centro della fede “Davidiana”. Nel tentativo di cercare di mantenere vivo il movimento religioso i vari sacerdoti non hanno mai fatto opera di proselitismo perché come spiega Turpino Chiappini in un documento “David non ha bisogno di propaganda e, come scrisse – la predica l’ha già fatta Lui (..) Noi ci limitiamo ad agevolare, nei limiti delle nostre possibilità, la sua conoscenza a tutti coloro che la chiedono e lo desiderano…”. Ciò in cui invece tutti i discepoli del Lazzaretti si impegnarono fu il mantenimento degli scritti originali al fine di poterli consegnare all’umanità al momento della maturazione dei tempi: se i primi seguaci ebbero il compito di raccogliere nell’Archivio tutti i documenti originali del maestro e le proprie testimonianze, i successori ebbero invece l’incarico di mantenere in buono stato gli scritti.
personeÈ scontato chiedersi come mai la successione dei sacerdoti si sia nel 2002, alla morte di Turpino, interrotta. La risposta è semplice: l’investitura del nuovo sacerdote avveniva su nomina del precedente, quindi l’assenza di un nono discepolo è dovuta a una mancata designazione di un successore. Non è in realtà noto il motivo per cui Turpino Chiappini non abbia lasciato alcun testamento, ma è probabile che egli lo abbia fatto volutamente, infatti pochi giorni prima di morire egli confessò: “…Siamo giunti alla maturità dei tempi…saranno giorni molto difficili e tristi…David diceva che non avrebbe voluto che vi si trovasse neppure le suole delle sue scarpe…l’uomo ha purtroppo dimenticato Dio, è diventato superbo, egoista, adora solamente il danaro…e Dio non può che darci la giusta e meritata punizione…”.

Greta Pallini

 

Movimento Giovanile Amiatino
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