Ho contato i miei anni ed ho scoperto,
che ho meno tempo da vivere
da qui in avanti di quanto
non ne abbia già vissuto (Cit.)
Per cui a questo punto ho deciso che:
Il mirabile equilibrio delle gagliarde consistenze e sapori della pasta, del ripieno e del ragù andrebbe brutalmente mortificato da un condimento adatto più ai diafani “gnudi”, cioè il solo ripieno del tortello bollito.
Il prosciutto toscano con il suo profumo di spezie, in primis del pepe, con il suo inconfondibile ed equilibrato sapore dolce e sapido del grasso con il magro, senza grasso assomiglia semplicemente ad una carne salata ed essiccata.
Notoriamente la nostra salsiccia contiene mediamente più sale delle altre e per questa ragione una volta cotta risulta essere troppo salata. Cruda spalmata sul nostro pane (sciocco) diventa un sublime mangiare unico e caratteristico della nostra terra.
Sia di mare che di terra sono diventati così numerosi ed invadenti da farti sospettare che siano fatti magari proprio per “ripienarti” così che dopo di essi ed a un primo tu sia già Kappao. Arrivi quindi al secondo già bello satollo e quasi disturbato da altro cibo. Questo avviene in prevalenza quando siamo in compagnia, più o meno numerosa. Ovviamente in certi ristoranti che hanno un bel tornaconto a questo andazzo da furbacchioni.
Basterebbe pensare ai diversi punti di cottura di una bistecca – al sangue, al rosa, ben cotta – che ognuno predilige, ma anche alle diverse carni scelte: vitellone, maiale, pollo, pesce. Quello che però è un vero e proprio punto cruciale è il tempo tra la fine cottura ed averla nel piatto: dovrebbe essere un tragitto immediato, veramente un “cotto e mangiato”. Per non parlare delle sagre dove normalmente i pezzi già cotti vengono messi in parcheggio ai lati della griglia…………..
Questa vuol essere la risposta alla famosa battuta che recita grosso modo: fritte sono buone anche le ciabatte! Le ciabatte no, ma tutto il resto è veramente sublime e irresistibile. Diverse variabili determinano lo stile di frittura. Dal nostro classico fritto all’esotica tempura e a diverse altre, dal tipo di preparazione alla materia fritta. Un certo tipo di olio, la sua temperatura, la capacità del recipiente, il ricambio dell’olio usato sono tutti elementi che determinano poi la qualità del fritto. Se si frigge in casa ci vuole chi “c’ha la mano”. In casa mia ce l’ha mia moglie e mia cognata! Per cui nemmeno ci provo.
“Mia suocera ha cucinato un cinghiale con le olive veramente speciale, talmente buono che non sembrava nemmeno cinghiale!”. Questa è una frase detta e ridetta con grande enfasi come se fosse un vanto assoluto. Forse è per questo che prediligo sempre più piatti dove non c’è troppo pomodoro che già di suo marca troppo il sapore. Anzi, per dirla tutta, le preparazioni “in bianco” mi paiono sempre di più dirette, veritiere e preferibili.
I tagli della carne vengono ricavati dai quarti di bue: tutto il resto viene indicato come quinto quarto. Rientrano in questa classificazione anche i volatili sia selvatici che da cortile. L’uso in cucina è antichissimo ed arriva fino ai giorni nostri. Fegato, milza, reni (rognoni), cervello, lingua, animelle, trippa, lampredotto, per citare i più comuni. Se gli animali predatori una volta abbattuta la preda iniziano a mangiare proprio queste qualche ragione ci sarà! Da ragazzo, aiutando nonna Stella a macellare polli e conigli che allevavamo per casa, imparai presto a pulire e preparare le interiora. Allora la carne del macello si vedeva una volta alla settimana e normalmente il sugo per la pasta si faceva con il fegato, il cuore, la cipolla (il ventriglio) e i budellini del pollo. Questi ultimi aperti con le forbici e poi lavati e risciacquati entravano con gli altri nel “battuto per il sugo della domenica”. Poi mi accorsi che mi piaceva molto anche il fegato del bue, i fegatelli del maiale, la trippa che cucinava mia mamma, la lingua che mio nonno Cecco amava alla follia, le animelle che mandavano in orbita mio babbo Giorgio. Io invece adoravo tutto.
Ho insegnato alle mie figlie, poi ai miei nipotini i miei saperi. Le mie figlie, ancora bimbe, ad un certo punto mi dissero: “babbo, tra il fegato ed il rognone noi preferiamo questo!”. Forse è quello che amo di più con la mia preparazione che prevede rognone, sale, pepe e olio. E basta.
Beh, qui c’è da spendere poche parole. Se si esclude la divina e mitica bruschetta nel frantoio con “l’olio novo” appena franto, basta aspettare un paio di mesi al massimo e poi abbiamo il momento migliore per la più alta qualità dell’olio in tutta la sua vita. Poi la curva della qualità scende e difficilmente si hanno grandi qualità dopo un anno di vita. Per il vino le cose sono assai diverse, financo il contrario. Normalmente per i vini più semplici dopo pochi mesi può essere bevuto con piacere apprezzando vivacità e freschezza, cioè gioventù. Per certi vini di qualità il discorso cambia. Attendere da diversi mesi a diversi anni è necessario per apprezzare al massimo tutte le qualità che si possono ottenere. Anche per il vino esiste la curva discendente della qualità, ma può essere anche di diversi o molti anni.
Per questo devo ribadire che: ho contato i miei anni ed ho scoperto, che ho meno tempo da vivere da qui in avanti di quanto non ne abbia già vissuto: perché dovrei quindi bere dei vini mediocri?