“Cosa ti sei fatto alla fronte?” “Ho sbattuto contro un’anta aperta di un pensile in cucina” “A causa di uno spigolo appuntito” “No” “Che significa no?” “Meglio…ovvero unica vera forma corretta di spiegazione: …dopo che la fronte ha incontrato lo spigolo ecc.” “Dopo al posto di causa. Hai sostituito un avverbio di tempo al concetto di causa” “No” “Che significa no” “Causa uguale tempo. Non esiste causa, in tutto l’universo. Esistono specifici segmenti di tempo, determinati spazialmente da avverbi, determinati dal linguaggio: questi sono la causa. Causa è finzione linguistica: non significa niente, è una maschera” “Dici, quindi, che si può sostituire al sostantivo causa una frase, una parola, con valore temporale?” “No” “Che significa no?” “Dico, che si può sostituire sempre, non che si può sostituire. Si deve.” “Sempre sembra l’icona del tempo” “No, è la sua forma universale” “Cosa significa universale?” “Prima, ora, dopo: sempre” “Universale è la qualità dell’insieme che contiene in sé le forme temporali?” “Si e no” “Che significa?” “Significa questo: non è immaginabile tempo, non è immaginabile spazio, ma si deve in qualche modo sopravvivere; pena il prevalere dell’assurdo. Ma la salvezza sta nell’assurdo” “Ci sono proposizioni che possono sostituirsi al tempo. Per esempio: se immergo un corpo in un liquido questo riceve una spinta dal basso verso l’alto ecc. Potrei dire, anzi dovrei: dopo che un corpo ecc.” “Si. La finzione tempo si adatta, fingendosi altro, a molte situazioni” “Causa rimanda a una morale sconfitta” “Cioè?” “Perché questo e questo accade? Perché il mondo? Perché non ha significato causale ma psicologico” “L’uomo non può rispondere: perché non può. Se potesse sarebbe il prima, il dopo e ora, contratti nella funzione del controllo” “Si. Infatti il controllo fonde, nel momento in cui sorge, l’a priori e l’a posteriori.” “Quindi il controllo è nel presente?” “Quale presente? E dov’è il presente? Non c’è nessun presente, ecco perché passato e futuro servono: creano uno spazio da immaginare.” “Si crea uno spazio scenico” “La causa allevia la disperazione dell’uomo dopo la comprensione della sua incapacità di darsi spiegazioni. Il nesso causale non c’è: il genere uomo è uno specchio che può solo riflettere. La scienza è una descrizione non una comprensione.” Qui la conversazione finì. Lì, dove essa finì, comincia il vostro disagio. Questo brano è stato scritto mentre il mio cervello era in fermentazione anaerobica. Come del resto risulta chiaro dal testo. Un po’ me ne vergogno. Ma voi che aspettate a ribellarvi, cosa dovete ancora subire per cominciare realmente ad amarvi? Non vedete, siete ciechi? Già la nostra singolare individualità compare senza alcun fondamento mostrato, figuriamoci se poi noi ci posiamo sopra interpretazioni non comprendenti l’amore. Non è l’amore che voi credete. Io parlo del corto circuito tra soggetto e oggetto, dell’assurdo del pensiero che sorge come un fenomeno atmosferico in noi. La comprensione impossibile di questo assurdo, la sua intuizione, conduce al considerare gli altri come identici a noi. Il linguaggio qui non aiuta, anzi…