Il gatto si chiamava Mao. La casa, al piano terra, era in mezzo a una radura di un magnifico bosco. Maria e Marsilio vivevano lì da sempre. Si erano sposati sessanta anni prima: nessun figlio, nessun parente. Soli, si amavano al di là delle parole, senza bisogno di dirselo. Lui aveva 85 anni, lei 83. Mao era un micio grosso, nero, e placido, con una predilezione spiccata per Maria. Vero era che non mostrava particolare indifferenza nei confronti di Marsilio, ma era evidente che le sue fusa e il suo strusciarsi prediligevano la vecchia. Camminando lungo il sentiero che conduceva all’abitazione, l’uomo, un tardo pomeriggio di settembre, incontrò il cucciolo di una volpe: forse la madre era stata uccisa o forse si era perduto. Era sdraiato sotto un grande albero con il muso appoggiato alle zampe anteriori incrociate; non fuggì, ma scodinzolando alzò lo sguardo verso di lui. Non si mosse nemmeno quando quello fece l’atto di prenderlo in braccio. Si lasciò coccolare e trasportare senza un gemito, senza un tremito, tanto che l’anziano restò meravigliato dalla sua remissività. Mentre andava verso casa si rese conto che l’animale era talmente stanco e provato che avrebbe accettato qualunque cosa senza paura; era come svuotato, sfinito, forse, da giorni di fame e di vagabondaggio. Maria se ne innamorò subito. Gli fece una cuccia accanto al focolare, gli dette due bei pezzi di carne grassa, gli mise una ciotola d’acqua vicina e lo lasciò in pace. Marsilio seduto sulla sua poltrona lo guardava fumando la pipa. Così arrivò la notte, così passo il primo giorno. Mao osservò tutto con indifferenza da sotto il tavolo. Chiamarono il cucciolo Ghianda, per il suo muso appuntito e rotondo, e per la fronte più scura, che risaltava sull’arancio vivo delle guance. C’era proprio di fronte alla casa una grande quercia secolare; il tronco si alzava sopra il tetto di molti metri, portando con sé una chioma fitta che copriva con la sua ombra la modesta dimora. Vivevano lì una coppia di scoiattoli, abituati alla presenza dei vecchi e del gatto, erano ormai parte della famiglia; spesso scendevano a raccogliere pezzi di frutta e biscotti che la donna lasciava per loro. Maria si metteva dietro le tende della finestra e aspettava che scendessero, sbirciando: chiamava il marito a vederli mangiare, mentre il gatto dormiva sotto il tavolo. Mao non usciva, o meglio, lo faceva di rado: gli piaceva troppo l’atmosfera casalinga; non era più un micino, aveva ormai trascorso troppi anni a cacciare nella radura. Preferiva la sicurezza delle mura domestiche e le coccole di Maria. La volpe crebbe e con grande meraviglia dei due, che ben conoscevano lo scorbutico e diffidente carattere di questi animali, divenne una compagnia fedele delle loro giornate. Pensava Marsilio ogni giorno “forse fuggirà oggi”, e ogni notte già steso nel letto “domani mattina non la troveremo più qui”. Invece crebbe e divenne bellissima, sempre accanto a loro senza mai allontanarsi. Mao la guardava entrare ed uscire di casa, lasciando sul legno del pavimento le sue piccole orme selvatiche; difficile dire cosa pensasse il gatto, con quegli occhi sempre socchiusi e la coda spostata su un fianco. Gli scoiattoli, all’inizio intimoriti dal nuovo arrivo, ce ne misero di tempo ad abituarsi alla presenza di Ghianda, ma la loro diffidenza svanì il giorno in cui Marsilio li vide giocare insieme con una noce sotto la quercia: “Ecco, adesso posso dire di avere visto tutto nella mia vita. Una volpe che gioca con due scoiattoli è cosa davvero strana pensò appoggiato allo stipite della porta. Marsilio non aveva idee sulla vita e il mondo, ma avrebbe voluto averne. Perciò capitava che passasse pomeriggi a cercare una spiegazione sul senso delle cose. Ma niente da fare, non gli riusciva proprio di capire perché si dovesse vivere. La volpe, il gatto, gli scoiattoli e anche Maria sembravano disinteressarsi ai pensieri di Marsilio. Con la stagione degli amori Ghianda si portava spesso ai margini della radura; muso all’aria e tartufo alla ricerca di effluvi selvatici, sembrava che da un momento all’altro potesse arrendersi e fuggire. Maria dubitava che restasse, il marito invece era convinto che se anche se ne fosse andata sarebbe comunque ritornata: spiegava a sua moglie che quelle erano bestie solitarie, che non vivevano in gruppo come i lupi, e che quindi erano più libere, che amavano starsene appartate, e lontano dalle altre volpi. Quale luogo allora poteva essere migliore della loro casetta? Era perfetto: un po’ di prato, un po’ di bosco, protezione, amici e cibo sicuro. Un giorno Mao morì. Ghianda prese il suo posto nel cuore della donna, che pianse sulla spalla del consorte. Quella notte Marsilio uscì fuori in veranda mentre tutti dormivano. Tante stelle nel cielo e qualche rumore che usciva improvviso e breve dal buio intorno gli fecero compagnia. Pensò non aver senso nascere per morire, a meno che la vita avesse un valore transitorio, servisse cioè a qualcosa d’altro. Forse una prova? Mah, forse un caso. Certo che il caso non poteva essere tirato in ballo senza incorrere in una contraddizione: pensava, l’uomo, che la stessa origine del concetto di caso fosse la sua negazione. “Uso il concetto di caso non per caso, ma dopo che ho deciso di usarlo” rifletteva in silenzio. Il caso, così, non c’era, ma non c’era nemmeno un motivo, un qualcosa di chiaramente comprensibile. Il mistero? Questa parola rimandava il problema. Rimandava soltanto.
Vide con la coda degli occhi una sagoma scura strisciare veloce verso la foresta e poi scomparire; capì subito che la volpe quella notte l’avrebbe trascorsa fuori casa. Sorrise dentro di sé; sperò che al mattino già fosse ritornata, risparmiandogli così spiegazioni e conforto da dare alla moglie. Si immaginò, guardando il fusto vecchio e robusto della quercia, i due scoiattoli dormire dentro la tana, su in alto vicino ai rami. La casa, la tana, la chioma, ed il cielo, tutto parlava di Dio. Si tirò il cappello indietro e rivolgendo lo sguardo in alto pensò: “Dio non ha teorie sul mondo. L’uomo o le ha o le cerca. Questa è la differenza. Uno acqua pura trasparente, l’altro acqua e fango. E più l’uomo pensa, più intorbidisce le sue acque, più alza terra dal fondo del suo spirito.” Si alzò e andò a letto accanto a Maria. La mattina dopo furono svegliati da Ghianda, sudicia e stanca.