“Tanto tuonò che piovve”, verrebbe da dire, a proposito della notizia che l’ufficio postale di Campiglia d’Orcia torna alle due aperture settimanali: il martedì dalle 8.30 alle 13.30 ed il sabato dalle 8,30 alle 12,30 . Ne ha dato notizia sulla pagina social del Comune castiglionese l’assessore Alice Rossi, ricordando che più volte era stato chiesto alla Direzione provinciale di Poste Italiane di ripristinare almeno l’orario di apertura al pubblico effettuato prima che scoppiasse l’emergenza per la pandemia, nei primi mesi dello scorso anno. Il provvedimento, per la verità, ha riguardato anche altri uffici postali che avevano subito riduzioni d’orario, anche nei piccoli centri del grossetano. In precedenza però, il sindaco Claudio Galletti e la sua Giunta avevano chiesto con forza che l’orario fosse ampliato rispetto ai due giorni settimanali, considerando che a suo tempo l’apertura era su sei giorni settimanali e che, nel frattempo, era stato chiuso senza appello (provocando non pochi malumori e difficoltà alla popolazione, specie gli anziani) anche l’ufficio postale di Vivo d’Orcia, paese che dista cinque chilometri da Campiglia. Questa richiesta non ha trovato, finora, riscontro. Sommando la popolazione residente a Campiglia d’Orcia, Bagni San Filippo, Montieri, Vivo d’Orcia, Belvedere e facendo qualche raffronto con altre realtà dove le aperture degli uffici postali sono strutturate su almeno tre giorni alla settimana, non si comprende bene perché in una realtà disagiata dal punto di vista morfologico e degli insediamenti urbani e rurali frastagliati, debba essere considerato non ampliabile l’orario dell’ufficio campigliese. Ad onor del vero, sarebbe apparso più corretto ed equilibrato anziché chiudere l’ufficio postale del Vivo, aprire quest’ultimo per almeno due, se non tre giorni settimanali, facendo altrettanto a Campiglia d’Orcia. Se il problema era costituito – cosa possibile ma piuttosto improbabile – dall’affitto dei locali nei due centri, poteva ben essere coinvolta l’Amministrazione Comunale nella ricerca di possibili soluzioni che evitassero di lasciare il paese posto più in alto nel cono amiatino (Vivo) sprovvisto di questo importante servizio. Non a caso risulterebbe che, dopo la chiusura, vi siano state “fughe” da parte dei vivaioli rispetto ai servizi forniti da Poste Italiane, con la chiusura di numerosi conti correnti.