Sono sempre stato affascinato dai congegni meccanici, cioè quelli in uso fino alla metà del secolo scorso. E ringrazio chi mi ha fatto nascere in tempo per vederli funzionare e poi amare. Mi riferisco per esempio alle macchine a vapore, sia fossero locomotori per treno, detti anche ciuffe ciuffe, sia fossero quelle fisse che trasmettevano potenza alle trebbiatrici nelle aie, sia fossero quelle gigantesche che fornivano il vapore per il trattamento del tabacco nelle tabaccaie. Si mostravano a tutti senza pelle, con i muscoli, le arterie, polmoni, cuore ed ossa scoperti, dando spettacolo di grazia e di potenza. Ed era il vapore a dare potenza, come pure al loro inimitabile fischio dagli echi quasi umani.
Mi riferisco anche ad un trattore come il Landini a testa calda. Il Landini era un cuore fatto macchina: il suo motore monocilindrico pulsava e ti faceva pulsare a stargli vicino lo stomaco e la pancia. Ma anche a starci sopra, specie al minimo, trasmetteva questo suo battito cardiaco alla macchina tutta, che non si ferma mai, come “il mare di notte” di Paolo Conte. Ai lati aveva due grosse ruote, i volani, uno per parte, che servivano anche da messa in moto. Per la messa in moto doveva essere prima scaldato e per questo si chiamava: “a testa calda”.
Mi riferisco anche alle trebbiatrici a fermo, quelle che si usavano nelle aie per trebbiare il grano. Quelle che venivano messe di fianco ai grandi barconi (o balconi), dei balzi del grano che si erano precedentemente fatti portando i covoni dai campi all’aia, e poi le altre macchine di conseguenza alla trebbia. Una macchina solida e rumorosa, attorniata da un formicolaio di persone. Ingoiava i balzi del grano con un muggito selvaggio e dopo la loro digestione rendeva da un lato il grano da diverse bocchette a cui venivano agganciate le balle di juta, mentre dall’altra parte vomitava il sottoprodotto, cioè la paglia. Il tutto in mezzo ad nuvole di polvere ed un rumore assordante.
Mi riferisco al frantoio delle olive, con la coppia di poderose macine in pietra costrette a rincorrersi come dannate in una giostra schiacciando le ulive. Poi la pasta veniva spremuta e dopo decantazione forniva il dono di un olio del verde più bello esistente in natura. Il tutto in un coinvolgente profumo di olio nuovo.
Conoscevo anche un altro marchingegno, un po’ raro, che mi affascinava. L’avevo conosciuto nella casa di mio nonno Francesco a Mastrilli, in Val di Bure, sobborgo di Pistoia. Era il molino ad acqua per macinare i cereali e farne farine. Questo era quasi un luogo magico, simile a quello delle fiabe. A fianco della casa correva un allegro ruscello che poteva essere deviato e obbligato a passare sotto la casa, e quindi al molino che tramite congegni, quasi antidiluviani, azionare macine in orizzontale che frantumavano i semi e rendevano le farine. Una delle cose stupefacenti erano i vari comandi per guidare tutto il ciclo. Comandi logici e geniali nella loro semplicità. Oggi si pigia un bottone per ottenere qualcosa e poi, non si sa nemmeno bene come, si ottiene dalle macchine ciò che si vuole. Allora si vedeva immediatamente cosa si otteneva muovendo una leva o deviando un flusso.
Potrei continuare ancora come la pompa dell’acqua che si tirava sul dal pozzo: una leva in su e in giù, e l’acqua sgorgava come per incanto. E tante altri macchinari ed attrezzi.
Una cosa avevano in comune poi queste macchine: ciascuna aveva una propria voce caratteristica ed un proprio odore. Odore che per me non poteva che essere che uno dei tanti profumi che vivevo. Avevano un’altra speciale caratteristica comune: l’essenzialità del disegno. Ogni particolare c’era perché ci doveva essere, il più semplice possibile, ma diveniva insostituibile e quindi essenziale alla macchina. Il designer veniva dalla necessità funzionale. Punto e basta.
Oggi siamo lontano anni luce da queste cose. Non solo la “meccanica” delle cose è misteriosa e segreta, penso ad un motore a reazione di un aereo o ad un “semplice” televisore, ma addirittura la meccanica pare non esistere più: c’è l’elettronica e il mondo digitale.
Tutti questi macchinari sono stati piano piano sostituiti con altri più moderni. Sicuramente più performanti. Quasi mai più belli, sicuramente meno affascinanti.