Nella mappa dell’istituto nazionale di geofisica e di vulcanologia, stilata per rendere visibili le faglie su cui scivolano o potrebbero scivolare gli attuali terremoti, apparsa nel Tirreno del 1 novembre, l’Amiata non compare. C’è una faglia in Lunigiana, una in Garfagnana, una, piccola, fra Livorno e Pisa. Non se ne fa menzione nemmeno dei grandi terremoti storici del passato. L’Amiata è assente. Parrebbe una situazione tranquillizzante. E ancor più perchè la Toscana- secondo gli esperti- parrebbe essere una zona non a alto rischio sismico, vista “ la sua geotermia: cioè la parte inferiore della crosta toscana è molto calda e trasferisce male lo scuotimento”. Tutto bene, insomma se non fosse che invece in Amiata vi sono stati terremoti storici. Nel 1700, per esempio. Lo fa notare Nello Nanni, caporedattore della rivista “Amiata storia e territorio” ed. Effigi, che osserva: “Nei numeri 10 e 11 della nostra rivista pubblicammo preziosi interventi con documenti settecenteschi reperiti da studiosi e storici: Padre Vittorio Benucci, dell’osservatorio dei Cappuccini di Siena e Patrizia Turrini dell’archivio di Stato di Siena. Il più potente terremoto di cui esiste documentazione risale al 1776-1778 e interessò i distretti vulcanici dell’Amiata e di Radicofani in particolare. Infatti-prosegue Nanni-in una lettera scritta nell’ottobre del 1777 dal notaio criminale Andrea Vegni a Pietro Leopoldo di Lorena, granduca di Toscana, si descriveva lo “sterminio” di quel terremoto a causa del quale il notaio chiedeva il trasferimento ad altra sede. Terremoti che sono segnati nei testi di sismologia e che ebbero come epicentro Abbadia San Salvatore nel marzo 1776 (di Abbadia abbiamo notizia di un terremoto con intensità 5, 03 anche nel 1287). Le scosse, registrate a centinaia, durarono fino al 1778, con il massimo sismico il 5 ottobre 1777. I danni furono gravissimi, confermati dalla relazione del cancelliere civile del tribunale di giustizia di Siena, Gerolamo Fancelli e riguardarono case della comunità, scuole, torre dell’orologio, posta reale, dogana, mulini, e poi tutte le chiese e conventi, tutti con “muraglie crettate e celle dei religiosi in buona parte dirute, tetti smossi, camini andati giù” e infine le “fabbriche di proprietari benestanti, poveri e miserabili e poderi e capanne”, alcune delle quali “inabitabili” e altre “andate giù”. Il documento elenca nel dettaglio il territorio di Radicofani- avverte Nanni- ma fu coinvolta tutta l’Amiata, fino a Santa Fiora”. Un terremoto studiato a più riprese anche di recente dall’Istituto di ricerca sul rischio sismico Cnr Milano e a cui si assegna un’intensità di 5,37. Un documento esiste, poi, riguardo allo stesso terremoto, per Abbadia San Salvatore (intensità 5,03), Piancastagnaio e San Casciano dei Bagni e Celle, vergato con dovizia di particolari dal cancelliere civile del tribunale di giustizia di Siena Girolamo Fancelli che col perito muratore Francesco Siminetti aveva visitato quei luoghi. Glielo aveva ordinato lo stesso Granduca “per vedere tutti i danni fatti dal terremoto, animare il popolo, dare le istruzioni necessarie ai giudici, provvedere di soccorsi”. Nella lunga relazione che Fancelli presenta, compare ad Abbadia, epicentro del sisma, un palazzo pretorio “tutto crettato”, la Pieve con la “volta allentata con cretti larghi circa tre once e spacchi nelle muraglie” e così, con cretti più o meno larghi, le chiese laicali e le fabbriche dei benestanti nonché le casupole dei poveri. La macchina granducale, efficientissima, su indicazione dello stesso Fancelli indica un pronto restauro per la “posta”, la cui efficienza era di prima necessità per il transito dei forestieri. Nonostante tutto questo l’Amiata non compare nella mappatura delle zone più pericolose, nonostante, nel corso del tempo, fino agli anni ’50, si siano avute scosse importanti (vedi schema). Intorno agli anni ’60, invece, eventi sismici importanti hanno smesso di verificarsi. Solo micro sismi o scosse leggere. Questo fatto coincide con l’inizio dello sfruttamento geotermico in Amiata. Un’osservazione che i comitati antigeotermici hanno come fumo negli occhi, definendo la connessione geotermia – scomparsa di terremoti importanti una “leggenda metropolitana”. Eppure così è. Coincidenza fortuita?