È venuto a mancare Taorgo Severini, per lungo tempo sindaco di Castiglione d’Orcia. Nato nel 1921, Taorgo (che doveva il suo insolito nome al ricordo paterno di una località libica nella quale uscì illeso da un battaglia), dopo essersi arruolato in Polizia dal 1940 al 1942 prestando servizio anche nella Polizia portuale di Atene, a seguito dell’Armistizio dell’8 Settembre 1943 rientrò a casa da Bari. Quando nella primavera successiva, fu richiamato alle armi, si unì ai partigiani che operavano nella zona. Alla fine del conflitto fu richiamato nella Polizia, dove rimase fino al 1947. Al rientro in paese venne eletto segretario della Camera del Lavoro, incarico che mantenne fino al 1951, quando fu eletto per la prima volta sindaco ottenendo il 70 per cento dei voti; incarico che ricoprirà per sette mandati e 24 anni consecutivi, fino al 1975. In questo lungo periodo, segnato in Val d’Orcia dalla crisi del mondo agricolo e dallo spopolamento delle campagne, si rese protagonista insieme ai suoi concittadini di manifestazioni eclatanti, come gli “scioperi a rovescio” e le “marce della fame”. I primi consistevano nel recarsi a svolgere lavori non richiesti e senza salario; le seconde un modo per far uscire la protesta e la richiesta di lavoro al di fuori dell’ambito comunale. In una occasione ben 984 persone di ogni estrazione sociale (compresi il parroco, il farmacista ed il medico condotto) si recarono a piedi fin sotto le finestre del Palazzo prefettizio di Siena, dove una delegazione fu ricevuta. Da sempre pacifista e non violento, amava citare, fra le tante, una massima di Platone che ha seguito nei suoi incarichi politico-amministrativi: “Un dirigente politico oltre alla bocca deve saper usare anche le orecchie”. Negli ultimi anni, insieme alla moglie Anastasia (per tutti “Nasta”), levatrice di lungo corso che ha fatto nascere generazioni di castiglionesi, si era ritirato a Rocca d’Orcia, dove viveva con la figlia Beatrice, il genero Giorgio e la nipote Luce, ma non di rado lo si poteva trovare intento a conversare con qualche turista di passaggio, al quale oltre alla storia di quelle antiche pietre raccontava volentieri anche quella vissuta in prima persona.