Parlare dell’Acquedotto del Fiora significa raccontare una parte fondamentale della storia di una terra straordinaria che si estende dal Chianti alla Maremma; una storia che lega il territorio grossetano e senese attraverso vicende, ora piacevoli ed a volte tristi, dove l’uomo ha avuto la maestria di dominare le acque malariche delle alluvioni. È una storia affascinante che attraversa tutti i secoli e che, per conoscere a fondo la storia del nostro territorio, è importante ripercorrere. Qui ne proporremo un assaggio.
Per inquadrare la storia del nostro Acquedotto è necessario rendersi conto di quanto divenne importante il territorio nostrano dal punto di vista idrico. Per fare ciò è opportuno tornare indietro nel tempo fino al XIII secolo quando la carenza di risorse idriche naturali spinse il Comune di Siena ad effettuare grandi lavori per trovare acqua sufficiente alle esigenze dei cittadini: grazie ad un impegno continuo venne così realizzato un sistema idrico per raccogliere l’acqua filtrata dal terreno. Quello idrico però a Siena fu, sin dalle origini, un bene piuttosto scarso e così già mentre si iniziava lo scavo delle prime gallerie, si ricercavano altrove sorgenti più copiose: nel 1298 fu proposto di creare un collegamento con il torrente Merse, qualche anno dopo si pensò alla Tressa. Il problema però fu sempre il fatto che arrivasse nei pozzi e nelle fonti poca acqua malsana, rendendo disastrosa la condizione igienica e sanitaria della popolazione urbana, diffondendo il tifo e seminando periodicamente la morte. Fu a questo punto tragico della storia che il protagonista divenne il nostro prezioso territorio: in questo contesto infatti la sorgente Ermicciolo, che scaturisce sul versante nord del Monte Amiata nei pressi del paese di Vivo d’Orcia nel comune di Castiglione d’Orcia venne indicata, dagli ingegneri della Società Italiana di condotte d’acqua di Roma, per la prima volta come sola capace di risolvere il problema del rifornimento di idrico di Siena nel 1890. In ogni caso, prima che le sue acque purissime venissero convogliate verso Siena, passeranno più di vent’anni, perché gli oltre 60 chilometri che la separavano da Siena per terreni accidentati dal variabile andamento altimetrico, facevano apparire l’acquedotto come un’opera che avrebbe richiesto un investimento finanziario sproporzionato rispetto alla scarsa popolazione che doveva servire. Dopo una serie di analisi e lavori, venne deciso che il vecchio condotto avrebbe dovuto essere completamente ristrutturato, soprattutto rivestendo i cunicoli per evitare pericolose infiltrazioni esterne, più probabili a seguito dell’aumento delle coltivazioni agricole. A conclusione dell’indagine la Commissione dichiarò concordemente che per risolvere i problemi idrici di Siena bisognava assicurare alla città almeno 40 litri d’acqua al secondo, successivamente alzato a 60 litri, e che solo le sorgenti del Monte Amiata avevano una portata adeguata. E così il 14 settembre 1895 l’assessore Guido Sarrocchi, insieme ai consiglieri Ercolano Cantini e Remigio Bartalini, sottoscrivevano un compromesso con i conti Cervini, proprietari dei terreni in cui sgorgava la sorgente Ermicciolo.
È in questo panorama e con queste premesse che si inserirà, più tardi, il nostro Acquedotto. A seguito della riforma agraria che seguì la completa bonifica della Maremma e l’eliminazione del rischio malaria legato alla presenza della zanzara anofele, le aree pianeggianti conobbero un esponenziale incremento demografico, grazie all’arrivo di numerosi immigrati, provenienti soprattutto dall’Italia nord-orientale, ma anche dall’Abruzzo e dalla Sardegna. La storia dell’Acquedotto del Fiora parte proprio da qui: inizia negli anni ‘30, quando si decise che era necessario provvedere alla costruzione di un acquedotto, in vista del grande aumento demografico. Così, su iniziativa di 16 Comuni, il 1 settembre 1938 venne costituito il Consorzio del Fiora. Il cantiere per la costruzione aprì nel 1951 quando fu istituito l’Ente per la Colonizzazione della Maremma Tosco-Laziale che si occupò dell’espropriazione, della bonifica, della trasformazione e assegnazione dei territori ai cittadini oltreché detenere il compito dell’esercizio, manutenzione e gestione della rete di condotte. Dopo circa un ventennio le funzioni amministrative dell’Ente Maremma furono trasferite dalla Regione Toscana ad un nuovo organo, l’Etsaf, Ente Toscano per lo Sviluppo Agricolo e Forestale, che si occupò dell’Acquedotto del Fiora fino alla costituzione del Consorzio Intercomunale per l’Organizzazione delle Risorse Idriche nel 1983. Con il passare degli anni la rete delle condutture andò sempre più potenziandosi ed estendendosi, tanto che l’acqua per la prima volta arrivò nell’entroterra a disposizione di chi viveva in poderi più isolati. Una tappa fondamentale della storia è segnata dall’entrata in vigore della legge 36/94, la “Legge Galli”: l’intento era quello di superare le difficoltà e le disomogeneità derivanti dall’eccessiva frammentazione degli operatori di settore; questa istituisce infatti la separazione tra le funzioni di programmazione, regolamentazione, organizzazione e controllo del servizio idrico (che vengono attribuite all’Autorità di Ambito Territoriale Ottimale) e la Gestione del Servizio Idrico Integrato (Acquedotto, Fognatura, Depurazione), che vengono attribuite al Gestore. In questo contesto, per rispondere adeguatamente alle nuove necessità di approvvigionamento, il 22 ottobre 1999, l’Assemblea dei soci deliberò la trasformazione dell’Acquedotto del Fiora in Società per Azioni. All’epoca l’Azienda si occupava del servizio di ricerca, aumento e accumulo della risorsa idrica al servizio di 27 comuni della provincia di Grosseto e Montalto di Castro nel Lazio; alla fine del secolo stava lavorando per diventare una grande azienda con l’obiettivo di diventare il Gestore Unico del Servizio Idrico Integrato dell’Ato 6 Ombrone: tappa raggiunta nel gennaio 2002, segnando così l’avvio di una nuova era: 350 mila persone, tra provincia grossetana e senese, diventano utenti dell’Acquedotto.
Un altro passo importante viene segnato poco dopo grazie all’avvio del processo di aggregazione con altre due aziende operanti nel senese: Cigaf SpA e Intesa SpA. E da qui è tutto un crescendo: nel 2007 Acquedotto del Fiora avvia la gestione del Servizio Idrico Integrato nei comuni di Radda e Gaiole in Chiani, seguiti poi da Castel del Piano. Altro problema che l’Azienda deve però fronteggiare sono le necessità del periodo primaverile ed estivo, quando gli invasi artificiali della pianura sono spesso vuoti a causa della scarsità di precipitazioni che interessano la Maremma grossetana e laziale, e da ciò nasce una maggiore domanda di acqua dovuta sia alle attività agricole che alle numerose presenze turistiche nell’intera zona: per limitare i rischi di possibili razionamenti idrici, è stato recentemente aperto l’impianto di dissalazione all’Isola del Giglio, gestito dall’Azienda, e sono allo studio progetti per la realizzazione di nuovi dissalatori anche lungo la fascia costiera continentale, in modo da poter risolvere definitivamente i problemi legati al rifornimento idrico e ai ricorrenti periodi di siccità che hanno determinato una condizione di aridità strutturale sia nella pianura maremmana che sulle isole dell’Arcipelago Toscano.
Attualmente, l’infrastruttura è il più grande acquedotto della Toscana e uno dei maggiori, sia dell’Italia centrale che dell’intero territorio nazionale italiano. Un po’ di numeri per far capire la portata dell’Azienda. Ad oggi le reti di Acquedotto del Fiora si sviluppano per oltre 8.300 km di condotte e circa 3.200 km di fognature; il totale delle utenze servite è 220.000, per una popolazione residente di circa 373.000 unità; 290 sono gli impianti di depurazione e 14 gli impianti di osmosi inversa che producono circa 4 milioni di litri di acqua potabile al giorno. Un’istituzione dunque per la nostra terra.