La pandemia ha messo a dura prova il sistema sanitario – non solo italiano – quindi criticare la sanità toscana e quella locale amiatina, potrebbe sembrare un esercizio ingeneroso e fin troppo facile. Lo slogan all’inizio dell’era Covid era “andrà tutto bene” oppure “niente sarà come prima” e in molti, chi in maniera convinta chi per emulazione, cantavano dai balconi nei momenti più rigidi del lockdown come ad esorcizzare la paura che pervadeva gran parte della popolazione.
In molti abbiamo definito gli operatori sanitari, che in tanti si sono ammalati e numerosi sono morti nell’adempimento del loro dovere, i nuovi eroi che dovevano essere compensati a partire dalla rivalutazione delle retribuzioni che erano (e rimangono) le più basse tra i paesi europei, inoltre, fu scoperto anche dai più distratti che gli organici erano ridotti al minimo e che i turni lavorativi erano già massacranti anche in periodo pre-Covid.
La scoperta dell’insufficienza delle strutture sanitarie sembrò una cosa tanto inverosimile quanto sconosciuta e le promesse di interventi massicci furono al centro delle dichiarazioni, oltre che dei Presidenti delle Regioni, anche dei Presidenti del Consiglio, prima Conte 2 e poi Draghi. Promesse ampiamente disattese su tutti i fronti.
Per rimanere alla situazione sanitaria della parte grossetana dell’Amiata, da una parte abbiamo una situazione di sanità diffusa sul territorio in condizioni grossolanamente insufficienti, con i medici di base abbandonati dalle Usl a sé stessi, che da oltre due anni si fanno in quattro per far fronte a questa situazione senza precedenti. Per quello che riguarda l’ospedale di Castel del Piano siamo di fronte ad una autentica operazione di eutanasia, che ha raggiunto vette imprevedibili.
Prima ancora del Covid fu chiuso per lavori il reparto di geriatria, lavori che sono durati a lungo provocando le giuste proteste dei cittadini, dei lavoratori del nosocomio e delle loro rappresentanze sindacali. Finalmente quella parte dell’ospedale fu riaperta, con tanto di inaugurazione, ma solo formalmente perché non essendoci personale in grado di renderlo operativo, in realtà non è mai entrato in funzione.
Inoltre, dall’autunno del 2020 la parte dell’ospedale dedicata a “Ospedale di Comunità” è stata trasformata in reparto Covid (simpaticamente definito “Bolla Covid”) cancellando quindi una struttura essenziale per la sanità amiatina.
La domanda spontanea è: perché non si è usato per questa funzione, che riconosciamo importante, il reparto, ristrutturato e mai usato, della cosiddetta ex geriatria? Probabilmente per mancanza di personale…
Comunque l’Ospedale di Comunità di Castel del Piano era da tanto tempo minacciato dalle forbici dei tagli della direzione dell’Usl Toscana sud est. Questa era una struttura, dotata anche di sale per la riabilitazione, che ospitava pazienti con malattie difficili, anche terminali e quindi sottoposti a cure palliative, che non avevano la possibilità di assistenza domiciliare. Una struttura che in un’area come quella amiatina, dove l’età media dei residenti e ben oltre la media provinciale e regionale, rappresentava una risposta positiva alle esigenze dei nostri cittadini.
Oggi l’Ospedale di Castel del Piano, oltre ai posti Covid, conserva una quindicina di posti letto divisi tra medicina generale e geriatria e sostanzialmente non offre risposte alle esigenze di questo territorio e dei suoi abitanti. Per non parlare dei tempi di attesa per le visite ambulatoriali, un argomento così complesso che meriterebbe un capitolo a sé.
Tutto questo nella totale indifferenza dei sindaci del territorio, delle maggioranze che li sostengono e dei partiti che si presentano dai cittadini solo quando questi ultimi diventano elettori ai quali tentare di carpire loro un voto.
Come già ricordato, una delle affermazioni ripetute all’inizio della pandemia era: niente sarà come prima!
Infatti, ormai tutti si rendendo conto che, se non tutto, ma molto non è come prima ma peggio, anzi: molto peggio!
Sergio Bovicelli
Segreteria del Circolo di Rifondazione Santa Fiora