“La tenda rossa che salvò l’Amiata“ è il titolo del libro che Francesco Serafini presenta sabato 8 agosto alle ore 18 presso il giardino di Villa Elvira in Piancastagnaio. Sono previsti interventi di Maurizio Boldrini, Piero Fassino, Fabio Fineschi, alternati dalla lettura di alcuni brani, affidata a Paola Giglioni.
Un libro che racconta le peripezie dei disoccupati amiatini degli anni sessanta del secolo scorso che culminò con la protesta pacifica e la messa in opera della tenda alla Lizza di Siena. Serafini ripercorre quelle vicende e lo fa con documenti di archivio, di giornali e foto d’epoca nonché ricordando i nomi dei protagonisti del tempo.
“Fare memoria: non sembri questa espressione richiamare polverose biblioteche e oscuri archivi – dice Piero Fassino nella sua prefazione al libro –. No, fare memoria è una preziosa e insostituibile opera di trasmissione alle generazioni che si succedono di eventi, fatti, persone, storie individuali e collettive che anche dal passato parlano al presente. E “fare memoria” è tanto più importante nella società digitale di oggi che vive un paradosso: possediamo tecnologie digitali in grado di immagazzinare e mettere a disposizione di ognuno di noi una infinita quantità di conoscenze. E al tempo stesso la velocità del tempo reale in cui viviamo macina ogni evento in pochi istanti, al più in qualche ora, per consegnarlo rapidamente all’oblio”. E ancora aggiunge: “Una lotta i cui protagonisti sono le donne e gli uomini dell’Amiata. Gente di montagna, umile ma fiera; di modesti studi, ma ricca di sapienza popolare; forgiata da una vita quotidiana segnata dalla dura fatica della miniera o di un’agricoltura di sussistenza o dall’emigrazione in terre lontane; consapevole dei propri diritti e capace di far arrivare, con linguaggio semplice e vero, le proprie sacrosante ragioni al cuore di tanti, fino alle stanze dei palazzi gentilizi senesi, come alla borghesia riunita al teatro cittadino per celebrare Eduardo De Filippo. E capace di suscitare simpatia e adesione dei giovani e degli studenti che – anche vivendo la lotta dell’Amiata – maturano la consapevolezza che il mondo va cambiato. Sì, davvero un bellissimo libro, che ci dona uno straordinario affresco dell’Amiata, del suo popolo, delle sue genti, sollecitandoci a non dimenticare mai che senso di appartenenza, coesione e solidarietà sono valori essenziali per essere comunità, perché nessuno sia lasciato solo e nessuno si senta solo e perché ogni persona possa vivere nella dignità e nella libertà”.
Oltre a Fassino, il libro è impreziosito dalla introduzione di Maurizio Boldrini che afferma: “gli squarci che Francesco Serafini apre sui protagonisti della lotta li tolgono dalle ammuffite carte di qualche questura: i disoccupati cronici che diventano veterani delle varie marce di protesta; i dirigenti del movimento operaio e del sindacato che mantengono sempre i nervi saldi; le comunità che hanno vite particolari come quella del Saragiolo, una frazione che, guarda caso, si trova a metà strada tra Piancastagnaio e le abetine delle miniere di mercurio. Escono, dalle pagine del libro, tanti Domenico Scardella, il mugnaio friulano, la cui storia diventa emblematica nelle pagine di Carlo Ginzburg e del suo capolavoro, Il formaggio e i vermi, il libro che è stato letto come un esempio di microstoria. Ma perchè Francesco Serafini può ricordarci quei volti, quelle parole, quei comportamenti? Lo può fare perché lui è uno di loro. E loro questo lo avvertono. Lo era nello stile; lo era nella capacità di mediare rispetto a spinte diverse e spesso contraddittorie; lo era nella capacità di ascolto delle esigenze personali e delle proposte politiche; lo era nello smussare i toni di tanti, come noi, che quel movimento lo vivevano ma con una sorta di distacco, quasi più interessati a leggere ciò che stava accadendo che a parteciparvi attivamente. No: lui era uno di loro e per questo acquisisce quel tratto carismatico che gli permette di pilotare il movimento e di dare risposte concrete e riformatrici allo stesso. Il tempo può confondere e ingannare. Francesco Serafini non sta al gioco. Questo nuovo libro aggiunge una parte decisiva a chi voglia rileggere la storia della montagna e dei suoi abitanti. A chi voglia capire cos’è stata e anche cos’è ora l’Amiata. È il suo modo per combattere ancora una battaglia. Non più con i cortei, i comizi e con le lotte. Ma con la scrittura”.
Giuseppe Sani