Uno sguardo concreto e sincero sul presente e sul futuro della nostra Montagna, parole ed esempi per descrivere una situazione particolare, con tante questioni da rimodellare secondo una società che va avanti veloce, lasciando indietro chi non sta al passo.
Una chiacchierata con un politico che da anni lavora sul territorio.
Vorrei parlare con lei dell’Amiata e della tanto discussa unità.
Dell’Amiata è facile parlarne ed è difficile costruirne l’unità, questa è di fatto la situazione. Che la Montagna debba lavorare per unificare le proprie politiche di sviluppo mi sembra naturale ed è anche banale a dirlo. Se noi guardiamo le questioni più importanti che investono il territorio, l’elenco di quelle che spingono a stare insieme o ad avere una visione unitaria del territorio sono così tante che è anche banale affermarle. Questioni più delicate come ad esempio rifiuti, sanità, ambiente, territorio, geotermia, la parte alta della montagna e le politiche turistiche.
Un’unità banale da affermare ma difficile a farsi.
Per esperienza io dico che oggi la Montagna soffre di una difficoltà a praticare e costruire l’unità, perché questo non è un problema semplice. Mi sembra che in questi anni stiano prevalendo spinte più individualistiche da parte dei singoli comuni; da una parte si afferma l’unità, dall’altra si tende a rinchiudersi nell’ambito dei campanili. Questo a volte per alcuni può essere determinato anche da fattori e fenomeni di crisi, perché per le realtà più piccole, che soffrono maggiormente, è comprensibile la scelta di rinchiudersi nei propri ambiti. Altri sono spinti all’individualismo dalle spinte geotermiche e rischiano di essere un ulteriore fattore di disgregazione del territorio, e questo non è un aspetto secondario anche perché poi alimenta una corsa non più razionale allo sfruttamento della risorsa geotermica dell’Amiata.
L’Amiata è un territorio che ha la tendenza a dividersi, in base anche alle diverse caratteristiche economiche. Noi abbiamo avuto una parte dell’Amiata legata alle attività industriale, penso alle miniere come elemento condizionante e caratterizzante; abbiamo zone dell’Amiata che non sono permeate dai processi della grande industria e hanno operato nel campo dell’artigianato, del commercio e dei servizi. Questo rende l’idea anche delle caratteristiche di questa comunità, spesso difficilmente ricomponibili, e delle conseguenti e differenti spinte del territorio che portano le amministrazioni a gestire in maniere diversa le politiche del territorio.
Come organizzare a amministrare quindi il nostro territorio?
Noi non siamo gli Appennini o le Alpi, non abbiamo un territorio vastissimo da amministrare, governare e sfruttare ma un territorio dalle dimensioni condizionate dall’essere una piccola montagna isolata, un cono vulcanico che ha tante ricchezze, perché la geotermia può essere una ricchezza, l’acqua è una ricchezza, le foreste, sia la parte di faggeta che la parte boschiva, ha risorse importanti come l’agricoltura. Tutte queste questioni devono trovare un equilibrio e quindi bisogna anche avere la consapevolezza che c’è un limite oltre il quale non si può andare e io credo che per quanto riguarda lo sfruttamento geotermico l’Amiata abbia raggiunto il suo limite massimo di saturazione.
Ci sono state spinte verso l’unione in questi ultimi anni?
Credo che delle azioni per mettere insieme in parte ci sono, altre sono mancate, per esempio tra queste ultime io metto la costruzione di un distretto unitario sulla sanità. Credo che abbia prevalso più una logica di difesa del presidio ospedaliero che non di una visone di servizio territoriale. Credo che fosse matura una scelta per cui Abbadia dovesse andare con Nottola e questa situazione non ha reso possibile un ritrovarsi insieme dell’Amiata senese e grossetana nell’ambito di un unico distretto. Nonostante questo c’è una collaborazione nel territorio che non trova una sintesi in uno strumento unitario di governo, che però nei fatti opera insieme. Nei fatti una serie di attività ospedaliere vengono in modo complementare nelle due realtà ospedaliere, nelle azioni c’è un territorio che si ricompone.
Oltre alla questione sanitaria, ci sono state altre azioni da ricordare?
Ci sono stati altri atti importanti di ricomposizione, per esempio abbiamo avviato azioni comuni nell’ambito del piano neve e sulla gestione della parte alta della montagna. In queste settimane stiamo appunto collaborando sia per costruire un tavolo con la Regione per affrontare i problemi che riguardano la parte alta della montagna, sia per quanto riguarda il turismo invernale ma anche il turismo su più stagioni, e questo è uno sforzo che stiamo facendo con la provincia di Siena con la quale siamo impegnati. Stiamo inoltre ragionando su come governare dal punto di vista ambientale, non è semplice viste anche le diverse esigenze ma è un lavoro che stiamo tentando di fare. Dal punto di vista urbanistico io confermo le scelte che abbiamo fatte in passato quando abbiamo deciso di non costruire sulla parte alta della montagna. Stiamo modificando lo strumento urbanistico del comune di Castel del Piano, l’unico intervento che prevediamo è la realizzazione di un posteggio per camper nella zona del laghetto, tra le Macinaie e la Contessa, utilizzando uno scheletro di lottizzazione che fu bloccata dagli strumenti urbanistici nel 1972.
C’è una collaborazione tra comuni. C’è una collaborazione anche a livello regionale?
È in atto un lavoro con la Regione che tende a ricomporre le politiche di sviluppo nel territorio. Anche qui il lavoro non è semplice, si devono individuare su tre o quattro punti le cose da fare e pensare a come intervenire sia sulle aree in crisi che sui punti di eccellenza presenti nel territorio.
Cosa deve aspettarsi l’Amiata dalle istituzioni?
Credo che ci sia un punto che le istituzioni e chi governa devono porsi, quale è la soglia minima che può essere tenuta insieme in questo governo unitario e quali gli obiettivi di fondo che, a questo livello minimo di governo, noi tendiamo dare. Se rinunciamo a questo, dobbiamo assumercene la responsabilità, portiamo l’Amiata all’irriconoscibilità e all’isolamento che sono le malattie che possono far morire un territorio. Perché se l’Amiata è meno in crisi di tanti altri territori e non ha vissuto la crisi di spopolamento che hanno vissuto zone come quelle dell’Appennino toscano, è dato esclusivamente dal fatto che l’Amiata comunque, nel bene e nel male, in tutti i periodi della sua storia, ha saputo presentarsi con una propria identità e come soggetto politico unico nel panorama sia nazionale che regionale. Quindi credo che oggi gli amministratori abbiano il compito di stabilire perlomeno quale è la soglia minima, di spogliarsi da un po’ di egoismi che imperversano il campo e, perlomeno attorno a tre o quattro questioni, bisognerebbe vedere di essere d’accordo. Tra queste questioni credo che una politica unitaria debba essere ricostruita anche riguardo le questioni geotermiche perché le scelte non siano imposte ma condivise. Divisi contiamo poco e condizioniamo niente, se ti presenti unito puoi determinare alcune scelte. I risultati dell’accordo del 2007, per quanto riguarda l’ambito geotermico, si sono ottenuti quando la Regione e le istituzioni hanno deciso insieme di percorrere la stessa strada.
Parlando di Castel del Piano, nei giornali si leggono nuove proposte per quanto riguarda la questioni dei rifiuti. Vuole parlarcene?
Per quanto riguarda la questione rifiuti abbiamo cercato di mettere in campo due azioni, la prima con gli ispettori ambientali che partirà nei prossimi giorni. L’ispettore ambientale ha un compito, inizialmente educativo, perché molta gente abbandona i rifiuti, da piccoli a grandi, che potrebbero essere semplicemente conferiti all’isola ecologica della Zancona. Quindi in una fase iniziale provare a educare e in una fase successiva, provare a reprimere. Un altro compito degli ispettori ambientali sarà quello di aiutare l’amministrazione ad individuare l’effettiva esigenza di cassonetti della comunità.
Con Sei abbiamo iniziato a ragionare dei cassonetti intelligenti così che il cittadino, dotato di una scheda in cui saranno registrate le quantità dei rifiuti differenziati, potrà essere premiato con la rimodulazione della parte variabile della tassa Tari.
Vorrei farla una domanda che si allontana un po’, ma solo apparentemente, dal discorso condotto fino a questo momento. Vorrei chiederle cosa pensa della situazione giovanile sull’Amiata e che ruolo dovrebbe giovare a suo avviso l’istruzione.
Il problema dei giovani è un problema che vedo complicato in vari sensi, devo dire che non ho una chiave di lettura unica dei problema.
Mi interrogavo in questi giorni riguardo ai progetti delle Botteghe della Salute e del Servizio Civile: credo che in questi 10 anni attorno al comune di Castel del Piano siano transitati una settantina di giovani ma nell’ultimo periodo stiamo trovando difficoltà a individuare i giovani che partecipino a questi bandi. Ce n’è uno aperto anche adesso per tre persone e abbiamo solo una presenza. Guardavo, sempre in questi giorni, tre o quattro concorsi che si sono svolti sull’Amiata: un grande numero di partecipanti, pochissimi però gli amiatini. Forse non attrae più la pubblica amministrazione? Oppure iniziamo ad essere pervasi da un’idea per cui si può attendere?
Per quanto riguarda la scuola credo che noi avremmo la necessità di avere una scuola più legata al processo produttivo, non vedo una forte simbiosi tra gli istituti scolastici e un territorio come il nostro. Un’altra questione che vedo è che una montagna che diventa attrattiva, diventa meno attrattiva anche per i suoi figli. Per i ragazzi che frequentano l’università, spesso tornare sull’Amiata è quasi una scelta di vita.
Un problema che riguarda la sfida dei giovani è la volontà di studiare. Oggi, nella nostra società, è necessario essere preparati, conoscere almeno una lingua straniera, per esempio. L’innovazione oggi è molto veloce, i sistemi produttivi si modificano in brevissimo tempo. La voglia di studiare e di intraprendere sono alla base della sfida per i giovani oggi.
Cosa può fare la politica? Cosa possono fare i tessuti sociali presenti nel territorio?
Come fare, onestamente, non lo so. Io credo che ci debba essere uno sforzo maggiore anche da parte delle imprese di aprirsi anche a questo sistema di giovani nell’Amiata, è necessario che le scuole incontrino di più il sistema delle imprese, però è anche necessario costruire un sistema di relazioni e sviluppo dei servizi che consentano di mantenere questo legame forte, sia all’interno del territorio, sia tra il territorio e il mondo esterno.
Il compito che la comunità complessivamente gioca è quello di dare valore, spinta ed entusiasmo a un territorio che spesso disprezziamo. Può valere la pena di viverci.
Prima dicevo che l’Amiata non ha subito lo spopolamento, e questo è merito per esempio del Progetto Amiata, tanto criticato e vituperato, ha avuto una virtù, quella di permettere a una generazione intera di rimanere nel territorio. Senza quella generazione l’Amiata non sarebbe stata quella che continua ad essere oggi, oggi siamo più o meno a raccogliere la stessa sfida ed è questa responsabilità che gli amministratori devono sentirsi sulle spalle con meno egoismo e guardando più al futuro.