In questa sezione viene riportato lo studio pubblicato sul Quaderno 2 della rivista Amiata Storia e Territorio (supplemento al n. 7 – Anno III 1990): Le tradizioni popolari amiatine tra passato e futuro
Il Convegno sulle tradizioni popolari amiatine in ricordo dell’amico e studioso Roberto Ferretti, con l’assegnazione della relazione da sviluppare ha creato, al Museo Etnografico di Santa Caterina, l’occasione di completare quel primo censimento sulla “festa e occasione di festa” già iniziato precedentemente, nel contesto di un più ampio “ciclo dell’anno”.
Per territorio dell’ Amiata è stato considerato quello ricadente nell’area amministrativa della Comunità Montana del Monte Amiata, ovvero nei territori dei comuni di Abbadia San Salvatore, Arcidosso, Castel del Piano, Castell’Azzara, Castiglione d’Orcia, Piancastagnaio, Radicofani, Roccalbegna, Santa Fiora, Seggiano e Semproniano; sono stati inseriti nel censimento anche i territori di Monticello Amiata e Castiglioncello Bandini, nel comune di Cinigiano, poiché per le loro caratteristiche ambientali, economiche ed etniche fanno parte dell’area “Amiata”.
I dati sono stati rilevati nell’arco di tempo da Marzo a Settembre 1989; è stato percorso un itinerario intorno al Monte con direzione antioraria, iniziando da Santa Fiora e terminando a Catabbio, nel comune di Semproniano. Di ogni singola località (capoluoghi e frazioni) è stato tracciato un questionario sull’intero ciclo dell’anno riferito al passato e al presente; sono state recuperate le emergenze più significative del passato e ciò che di queste rimane al presente, attraverso testimonianze di memoria orale; con tale metodo potrebbero essere state rilevate interpretazioni personali degli informatori, con dati scompleti o parzialmente inesatti ma, trattandosi di storia non scritta, è stato importante documentare tutto ciò che si è ritenuto degno di attenzione.
Questo censimento, composto di n° 39 questionari, vuol rappresentare un contributo al progetto di recupero dei valori storici e folclorici dell’ Amiata; il lavoro ha tenuto conto soprattutto delle caratteristiche generali di ogni singola festa, non sviluppando completamente gli elementi e le relazioni; ad esempio, per quanto riguarda le feste legate ad itinerari canori, quali Befanata e Maggiolata, occorrerà integrare il lavoro con il recupero dei testi e delle musiche dei brani proposti; così come per i canti religiosi di carattere locale, e gli antichi itinerari delle processioni, delle rogazioni e dei pellegrinaggi. Per sviluppare questa seconda parte del censimento, occorreranno tempi più lunghi, informatori attendibili, collaborazione con la Scuola, le Istituzioni, i singoli ricercatori.
Nel censimento sono state trascurate le feste di carattere essenzialmente liturgico, comuni a tutti i luoghi secondo il calendario ecclesiastico, mentre sono state osservate e classificate quelle feste dove è risultato importante il comportamento umano Con i dati raccolti è stato tracciato questo primo schema di classificazione delle feste, allargato alle occasioni di festa:
Sulla base di questo quadro generale, sono state tracciate le schede descrittive e comparative (passato-presente) sui seguenti temi:
Mentre per la lettura e l’osservazione delle singole feste rimandiamo alle schede descrittive, è importante soffermare l’attenzione sulla loro attualità, su quegli aspetti e quei valori rimasti fino ad oggi.
La Befana e la Befanata Canora.
La tradizione della Befanata, diffusa prima del 1940 in 29 paesi, sopravvive solo in 18 e soprattutto nei comuni di S. Fiora, Castell’Azzara e Semproniano; ha subito modificazioni sulla composizione dei gruppi (inserimento di donne e ragazzi) e sulla gestualità (alcuni gruppi consegnano i regali ai bambini), mentre in alcuni paesi è aumentato il numero dei gruppi stessi.
Il Carnevale
Perduti di questa festa gli aspetti più spettacolari, pochi elementi rimangono oggi a vedere e sentire questo particolare periodo dell’anno. Le “satire”, momenti di ilarità collettiva e specchio critico delle singole comunità, tanto diffuse e varie nelle rappresentazioni, sono ormai scomparse dal panorama amiatino; quale momento di spettacolo, sopravvive a Marroneto la farsa-canto della squadra dei “Gobbi” con “la morte del Carnevale”, a ricordare i variopinti modi del passato di “ammazzarlo” e gli innumerevoli fantocci di paglia bruciati nelle piazze. A Contignano, estrema area amiatina, la rappresentazione del “Barudda” ricorda gli antichi mascheramenti. Le piazze dei paesi non assistono più ai “bruscelli” “speto” per la carne di maiale, ma raccogliendo denaro e dolciumi.
La festa di S.Antonio Abate (17 Gennaio) e la benedizione degli animali
Con il variare della situazione economica si è modificata anche questa importante festa; le piazzette davanti alle chiese non vedono più cavalli, somari, bovini, piccoli animali, curati ed infioccati, insieme a mangimi e foraggi. Solo in 6 centri abitati si ritrovano gli animali e in altri 18 solo i prodotti per la loro alimentazione. Naturalmente abbandonata l’usanza dei ragazzi di fare “il Sant’ Antonino”, unitinerario di questua in paese e nella campagna, che, all’inizio del Novecento, costò la vita a tre ragazzi di Monticello Amiata, morti per freddo nel ritorno verso il paese.
Le Feste Primaverili
Numerose le feste primaverili che ancora testimoniano il contatto tra uomo e ambiente e nelle quali si ritrovano spesso i valori e i simboli della fertilità; tra queste, invariata in ogni suo aspetto, la Festa della Pina alla Pieve di Lamula a Montelaterone, con il dono della pina augurale e il gioco del “fuori il verde”; la Festa della Fiaschetta a Santa Fiora nel giorno dell’Ascensione, la Festa di Santa Croce nella campagna di Montenero, a Semproniano ed a Santa Fiora, dove ancora si svolge la suggestiva processione dei “tronchi” e il Crocifisso di Suor Passitea. In questo stesso giorno, 3 Maggio, sono ancora in molti a piantare nel campo di grano, nell’orto, nella vigna o nell’oliveto, come simbolo di benedizione, la crocetta di legno o di canna, con l’olivo benedetto e· la candelina della “Candelora”. Perduto il rituale dell’offerta del latte ai ragazzi, da parte dei pastori, nella mattina dell’Ascensione, così come lo svolgimento delle Rogazioni, piccole processioni augurali per la benedizione delle campagne.
La Maggiolata Canora
La maggiolata, proposta nella notte tra il 30 Aprile e il 10 Maggio da squadre di “maggiaioli”, era diffusa nel passato in 22 centri amiatini; oggi la tradizione è rilevabile solo in 9 di questi ed è soprattutto nell’area grossetana la maggiore diminuzione di diffusione; d’altronde nell’area senese la maggiolata era proposta solo nel territorio di Castiglione d’Orcia, dove la tradizione è ancora ben rappresentata. I territori dei comuni di Arcidosso e Roccalbegna, con le loro frazioni, ne rappresentano la zona più conservativa.
L’Albero del Maggio
Tra le comunità amiatine, “il maggio” non è solamente il canto ma anche l’albero, spesso fiorito, che viene innalzato nelle piazze alla sera o nella notte tra il 30 Aprile e il 1° Maggio. Troviamo ancora l’albero a Piancastagnaio, Saragiolo, Casa Corto, Bagnore, Castel!’ Azzara, Semproniano, Catabbio e Montenero, mentre se ne è perduta la tradizione in altri 7 centri. Interessanti memorie sono emerse a Bagnolo dove, nel primo Novecento, i ragazzi portavano al Parroco alcuni alberi con cime fiorite, durante il mese di Maggio, e altra di Piancastagnaio dove, prima del 1920, in paese venivano innalzati numerosi alberi.
Le Infiorate, le Impagliate, le Malvate, le Guazze
Con questi termini si indicavano gli omaggi, piacevoli o spiacevoli, alle ragazze da parte di giovanotti, preludio o risposta al corteggiamento riuscito o rifiutato. Rami fioriti o fasci di erba, ortica, canne, animali morti e travi: La festa-usanza è ormai interrotta nei 5 centri dove veniva proposta, in periodi diversi.
I Riti della Settimana Santa
Un importante momento di festa collettiva è rappresentato dal ciclo della Settimana Santa che ha ancora sull’Amiata momenti di spettacolarità e profondità; fanno ancora le palme di olivo intrecciato in 8 paesi; mettono ancora al buio in cantina, fin dall’inizio della Quaresima, i semi di veccia per adornare il Sepolcro, in 13 centri abitati; i ragazzi usano ancora quegli strumenti che sostituiscono il suono delle campane legate e cantano frasi convenzionali (“i cenni”) per annunciare le funzioni religiose: a Piancastagnaio, la “tiribattola” e il “macinino”; a Radicofani, il “regolone”; a Contignano, il “barrocchiale”; a Vivo d’Orcia, la “regola”; a Semproniano, le “regole” e il “regolone”. Durante le processioni del Venerdì Santo, in 9 paesi, uomini portano ancora pesanti croci (Piancastagnaio, Abbadia S. Salvatore, Radicofani, Contignano, Campiglia d’Orcia, Santa Fiora, Montelaterone, Stribugliano e Castiglioncello Bandini), le donne o ragazze portano la statua della Madonna Addolorata e i bambini la simbologia della Croce, in ricordo delle antiche “Giudeate” con i costumi storici e le rappresentazioni della Passione. Sopravvive ancora a Radicofani l’usanza di allestire il “Calvario”, uno spazio decorato con rami verdi, con la Croce e gli incappati di S. Agata.
La Festa di S. Giovanni (24 Giugno) – la raccolta delle erbe e l’uso dell’acqua
Oggi, in occasione di questa festa, è ormai quasi interrotta l’usanza della raccolta delle erbe (camomilla, malva, sambuco) e del bagnarsi con la “guazza” prima del sorgere del sole; con l’olio raccolto dalle bacche degli olmi (le “bombole”) curavano ferite, “bricioli” e “spinate”; con la malva curavano i denti, con il sambuco, le piaghe, gli ascessi, i “giraditi’”. Gli agricoltori non portano più, alla mattina, il bestiame a bere al fosso o al fiume e le ragazze non interrogano più il futuro con la chiara dell’uovo o con lo stagno.
I Pellegrinaggi
Altro momento di festa per le popolazioni amiatine sono ancora gli spostamenti legati ai pellegrinaggi; così gli abitanti di Castell’Azzara si recano ancora numerosi al Santuario del Crocifisso di Castro, nel mese di Giugno, a ritrovare le probabili loro origini etniche; da vari paesi della Val d’Orcia vanno ancora alla Grotta di S.Filippo Benizzi, per la festa del 22 e 23 Agosto e alla Chiesa della Madonna della Querce all’inizio di Settembre; dai paesi nel territorio di Castel del Piano e Arcidosso al Santuario della Pieve di Lamula, con le offerte portate da bambini vestiti da angeli o altre sante figure. E dai paesi di Tre Case, Saragiolo e Piancastagnaio vanno in pellegrinaggio al “lecce” di San Francesco, nei pressi del Romitorio delle Ripe.
Le Feste e i Riti del Ciclo Natalizio
In questo gruppo di feste, legate all’Inverno e all’elemento “fuoco”, sopravvive, anche se con modificata gestualità, la Festa delle Fiaccole di Natale ad Abbadia San Salvatore, con la preparazione delle cataste piramidali di legna disseminate nell’abitato, i suoni e i canti delle “Pastorelle” intorno ai fuochi; a Santa Fiora ardono ancora le “carboniere” e i giovani, con l’aiuto degli adulti e lo spirito del rito iniziatico, portano ancora le “fiaccole” lungo le vie del paese. Anche nelle usanze della isfera familiare, legate a questo periodo dell’anno, alcuni elementi del passato sono sopravvissuti fino ai nostri giorni, soprattutto nelle zone più conservative; così il ginepro e l’agrifoglio continuano ad essere gli “alberi di Natale”, anche se oggi non sono più decorati con aranci, mandarini, caramelle e fiocchi di carta colorata come nell’immediato dopo-guerra, periodo in cui iniziò il loro diffuso allestimento. Nelle “veglie” natalizie sono ormai scomparsi i giochi del “sembolino” (con semola e monete metalliche), del “panforte” e l’usanza del porre il “ceppo” nel camino acceso; non si preparano ormai più le “sette cene” alla vigilia di Natale e non si mette più la calza al camino, quella “vera” del babbo, nella notte della Befana, come i ragazzi di un tempo che la ritrovavano piena di noci, carbone, mandarini e fichi secchi.
La festa patronale
Nello svolgimento delle Feste Patronali è variato l’aspetto della parte popolare, con la quasi generale scomparsa dei giochi che caratterizzavano il pomeriggio della festa stessa; in alcuni casi sono state istituite le “sagre”, in altri, come accade oggi a Seggiano, la corsa libera dei cavalli è divenuta il “Palio delle Contrade”.
Solitamente invariata la parte religiosa. In questo gruppo di feste, particolarmente significativa è quella che si celebra a Santa Caterina dove, legato al culto della Santa di Alessandria o delle Ruote, si ripete ogni anno il rito dello Stollo e della Focarazza, con il taglio del cerro, la preparazione del pagliaio di fascine, il fuoco e la contesa dello stollo tra le contrade del paese (durante le due Guerre Mondiali, per non interromperne lo spirito, furono le donne a continuare la tradizione).
Altre Feste con importanti aspetti popolari
In questa sezione, la più ricca di appuntamenti, sono classificate quelle feste in cui l’intervento umano svolge un ruolo importante, ne condiziona e caratterizza lo spirito e il contenuto; tra queste figurava, nel passato, quella che a Santa Fiora veniva dedicata a San Nicola da Tolentino, nel corso della quale si svolgeva il rito-sacrificio del “volo della capra”; quella di S.Andrea con l’usanza di trascinare, durante la sera, la catena del camino per spaventare i bambini (ad Arcidosso facevano la “scampanata” con barattoli trascinati per le vie del centro storico).
Tra le feste rimaste inalterate figura “Il Corpus Domini”, con le strade infiorate di ginestra, petali di rosa, foglie verdi, figure e scritte sacre, con la successiva raccolta e lo spargimento dei petali nei campi, per motivo propiziatorio. Inalterate anche varie feste dedicate alla Madonna, con le offerte dei paesi e di famiglie portate da bambini a cavallo, vestiti da angeli o da altri santi personaggi (Montegiovi); ancora ardono i “fuochi dell’Assunta”, con i Giurisdavidici che nella grotta sul Monte Labbro si raccolgono in preghiera e gli abitanti di Marroneto che la celebrano intorno al fuoco delle fascine; e ancora i cavalli sono i protagonisti dei due paln delle contrade che si corrono in onore della Madonna, a Piancastagnaio (il 18 Agosto – Madonna di S.Pietro) e a Castel del Piano (8 Settembre – Madonna delle Grazie); si corre anche a vallerona il 7 Ottobre, in onore della Madonna del Rosario, con i somari. Immutata, a Castell’Azzara, la celebrazione della Madonna di Loreto, con le campane che ininterrottamente suonano il “doppio” per un’ora.
Nel periodo della festa dei defunti, i ragazzi non preparano più le “zucche di morto”, da mettere alle finestre, negli angoli bui delle vie o da portare in giro, con · 1a candela accesa all’interno, per spaventare i passanti; e la festa di S.Barbara, la patrona dei minatori, un tempo celebrata in ogni paese del Monte Arniata, oggi, dopo la chiusura delle miniere, non lo è più come in passato.
La Fiera
La Fiera si svolgeva in ogni paese anche più volte nell’anno e richiamava la popolazione dei paesi vicini; ogni centro abitato aveva il proprio “campo della fiera” che accoglieva gli animali da vendere, mentre i banchi delle merci trovavano sempre spazio tra le case. Modificato il sistema di vendita e di prelievo del bestiame, le fiere hanno perduto interesse e molte sono scomparse.
Il Gioco Popolare degli Adulti – la Ruzzola
Il gioco della ruzzola era praticato solitamente nel periodo della Quaresima e della Primavera, nei pomeriggi dei giorni di festa. Rulla, druzzola, trauzzola, rullone, ruzzolone ed altri ancora erano i termini dialettali riferiti all’oggetto del gioco, che veniva effettuato lungo le strade limitrofe ai centri abitati, con precise regole di comportamento e organizzazione. Lo sviluppo della circolazione e l’asfaltatura delle strade negli anni ’60 hanno dapprima frenato, poi interrotto, il gioco. Oggi sopravvive sporadicamente nelle estreme aree periferiche dell’ Arniata, a Contignano e Santa Caterina.
Anche le attività lavorative, di carattere soprattutto agricolo, hanno creato nel passato occasione di festa in famiglia; così le operazioni della mietitura e della trebbiatura dei cereali e le complesse operazioni manuali della lavorazione delle carni di maiale. Ma la vera festa era rappresentata dalla “veglia” per la sfogliatura del granturco (“scartoccia”): consumavano cibi, cantavano, narravano storie e favole ai ragazzi; una consuetudine di Castell’Azzara dava facoltà ai giovanotti di baciare una ragazza, quando scoprivano una pannocchia rossa.
Alessandro Giustarini
Museo Etnografico di S. Caterina