Nel leggere le notizie su internet, mi sono soffermato sul titolo di un articolo posto in evidenza tra quelli più letti sul web, aveva una frase ad effetto: “Al sindaco rifilano gli immigrati e lui denuncia: io non c’entro”.
Nel corpo del testo c’era un collegamento tra il caso Goro e il caso Cene, casi accomunati per il risalto politico e mediatico sul tema dell’immigrazione. In entrambi i casi c’era una presa di posizione contro l’accoglienza dei profughi che vengono accolti nelle varie strutture del territorio nazionale, suscitando malcontento e riprovazione in alcune realtà locali.
Nel caso di Goro, c’era un rifiuto espresso da una comunità locale, in maniera forte, e diretta a non far scendere dal bus delle donne africane. L’obiettivo era quello di far riprendere la strada al mezzo che le aveva portate fin lì, nonostante fosse la destinazione decisa dalla Prefettura. La motivazione era semplicemente un rifiuto ad accoglierle perché non gradite. E chi se ne importa se erano delle donne che avevano percorso centinai di chilometri, il loro intento di trovare un posto di pace per ritrovare senso alla loro esistenza era secondario agli occhi dei dimostranti. Hanno prevalso le ragioni della comunità e le donne africane sono state accolte in altri luoghi.
Nel caso di Cene, per alcuni aspetti simile al caso Goro, c’era il disagio di un sindaco nel voler rimarcare le distanze da un’accoglienza non condivisa, utilizzando un metodo discutibile. Il primo cittadino ha pensato bene di avvisare la comunità per l’emergenza migranti, diffondendo un avviso sui cartelli informativi del proprio comune, e non pago del risultato di questa sua informativa, ha completato l’avviso, se così si può definire, postando la foto del messaggio luminoso, sul suo profilo Facebook, a maggior chiarezza delle sue intenzioni. Il testo in questione era: “Il sindaco avvisa che senza essere informato preventivamente sono stati collocati 59 cittadini stranieri la ex colonia monte”. Il messaggio, a detta del sindaco leghista aveva lo scopo di avvisare la collettività sulla situazione urgente venutasi a creare nei giorni 25 e 26 ottobre, con una comunicazione urgente.
Di leghisti pronti a sparare a zero sugli immigrati ce ne sono a bizzeffe, e questo non è un fatto interessante, è giusto che si possano esprimere come meglio preferiscono, e per chi ne sente il bisogno ci sono giornali e trasmissioni sempre pronte a stimolare l’odio per il diverso; il fatto rilevante è lo sconfinamento nel razzismo che tende ad essere normalizzato, come se fosse consentito dal sentire comune, quasi banalizzato. Qui si presenta un limite da non superare mai.
Le strade che portano al razzismo sono lunghe, ma iniziano sempre allo stesso modo, con una discriminazione, con un uomo che si pone ad un livello superiore rispetto ad un altro, e vuole che l’altro sia sottomesso alla sua visione del mondo, perché ha in mente un mondo migliore, più igienico, nel perseguire un ideale da perfezionare. La situazione geopolitica del Mar Mediterraneo ci vede in prima linea nel gestire un fenomeno internazionale, che per quanto possa essere difficile da controllare, esige capacità nuove, senza mai trascurare i nostri doveri civili e la nostra storia, a tutti i livelli. Un sindaco deve rappresentare le nostre istituzioni e non solo il sentire di una comunità locale. Altrimenti, si travalicano le istituzioni, e nella loro perdita di senso si snaturano gli obiettivi comuni, gli interessi nazionali e il senso civico di una collettività. La gestione può essere migliorata, certamente si possono intensificare i contatti tra istituzioni, ma è altrettanto indubbio che alimentare il razzismo non serve a dare un buon servizio.
Per concludere, proprio oggi ho letto queste parole su Facebook, le trovo adatte alla mia riflessione: “Nessuno si libera da solo. Nessuno libera un altro. Ci si libera tutti insieme”. Sono parole del prete di strada Don Andrea Gallo.
Penso sinceramente che prima di aprire bocca e dare fiato ai pensieri, occorre un’educazione dell’accoglienza, e sopratutto è necessario mettersi nei panni di chi si ha davanti. Educazione e empatia, sono caratteristiche fondamentali da coltivare e rendere sempre più diffuse. Non serve a nulla pretendere, non serve a nulla l’altruismo senza responsabilizzazione di chi lo riceve, invece, è necessario costruire una condivisione d’intenti. Sarebbe molto educativo far fare agli amministratori locali un mese in Africa, tornerebbero a casa con una consapevolezza nuova, avrebbero più rispetto e contezza di chi sono gli africani che accogliamo.