L’Assunzione della Vergine è il momento che segue alla Morte e che precede l’Incoronazione. La Madonna, dopo la sua morte, salì al cielo in anima e corpo, portata dagli angeli, contrariamente a quanto avvenne per Cristo che salì in cielo da se stesso. L’Assunzione fu proclamata articolo di fede nel 1950 da papa Pio XII.
La descrizione del fatto ha origine nei Vangeli apocrifi: “Poi la luce si allontanò e insieme con essa fu assunta in cielo l’anima della beata Maria in un coro di salmi, inni e cantici dei cantici. E mentre la nube si elevava, tutta la terra tremò e in un solo istante tutti i Gerosolimitani videro chiaramente la morte della santa Maria.” (Transito della Beata Maria Vergine, Pseudo Giuseppe di Arimatea, XII); “Poi gli apostoli con grande onore deposero il corpo nel sepolcro, piangendo e cantando per il troppo amore e per dolcezza. E ad un tratto li avvolse una luce dal cielo e, mentre cadevano a terra, il santo corpo fu assunto in cielo dagli angeli.” (Transito della Beata Maria Vergine, Pseudo Giuseppe di Arimatea, XVI).
È ripresa poi dalla Legenda aurea: “Subito l’anima di Maria si riunì al corpo e salì al cielo fra le schiere degli angeli” (Jacopo da Varagine, Legenda aurea). Il tema iconografico venne usato a partire dal Medioevo con una semplice composizione che vedeva la Vergine tra angeli in posizione di orante, nei rilievi e nelle vetrate. Era rappresentata seduta all’interno di una mandorla sostenuta da angeli nelle facciate delle cattedrali gotiche ma qui erano privilegiati il momento della Dormitio Virginis e l’ultima fase della vita di Maria: l’Incoronazione.
Nel Rinascimento la composizione, in questo soggetto, è suddivisa in due parti sovrapposte: in quella superiore è posta la Vergine all’interno di una mandorla e circondata da angeli alcuni dei quali musicanti e nella parte inferiore può comparire il sarcofago vuoto e San Tommaso che riceve la cintola: “Allora anche il beatissimo Tommaso venne trasportato all’improvviso sul monte degli Ulivi e vide il beatissimo corpo dirigersi verso il cielo, e si diede a gridare, dicendo: «O madre santa, madre benedetta, madre immacolata!» […]. Allora la fascia con cui gli apostoli avevano cinto il santissimo corpo venne gettata giù dal cielo a Tommaso. Ed egli la prese, la baciò, rendendo grazie a Dio, e scese di nuovo nella valle di Giosafat.” (Transito della Beata Maria Vergine, Pseudo Giuseppe di Arimatea, XVII). Nel tema iconografico dell’Assunzione della Vergine, in quella versione chiamata “La Madonna della cintola”, è il personaggio principale. Egli aveva, infatti, dubitato che Maria fosse stata assunta in cielo con il proprio corpo e, chiedendo una prova, ebbe la cintola che la Vergine fece cadere dal cielo. In questo soggetto è rappresentato in ginocchio mentre guarda verso l’alto la Madonna e tiene in mano la cintola che ha appena ricevuto. Vicino a lui c’è il sarcofago vuoto già occupato dal corpo della Vergine, e altri personaggi.
Nel tardo Rinascimento l’insieme si presenta più libero e scompaiono gli schemi geometrici che lo inquadrano come nel XV secolo. Nel registro superiore della composizione può esserci l’Eterno Padre che accoglie l’arrivo in cielo di Maria, raffigurata in piedi sopra una nuvola sostenuta da angeli e, in basso, gli apostoli che assistono al miracoloso evento. La fine del Cinquecento, il Seicento e il Settecento vedono nel tema dell’Assunzione della Vergine una ulteriore possibilità per realizzare composizioni dinamiche in cui tutti gli elementi si slanciano verso l’alto in uno straordinario movimento di linee, forme e colori: la gloria, non solo della Vergine ma della pittura come tecnica ed espressione dell’inventiva degli artisti.
Una grande tela, misura cm 350×212, su questo tema iconografico si trova custodita all’interno della chiesa della Natività della Madonna a Castel del piano (Grosseto), collocata in una parete del transetto destro. È opera di Giuseppe Nicola Nasini (Castel del Piano, Grosseto, 1657 – Siena, 1736), figlio di Francesco a sua volta figlio di Giacomo capostipite della numerosa e nota famiglia di pittori amiatini, che la realizzò nel 1728. Un gruppo di angeli che Le svolazzano intorno in un movimento che anima straordinariamente quella parte della composizione, memore anche dell’esperienza cortonesca. Le figure si staccano nettamente dal piano di fondo dorato risaltando con i colori rosato della tunica e l’azzurro del manto della Vergine e il rosa dell’incarnato degli angioletti che volteggiano intorno poggiando sopra soffici nuvole di colore scuro. La Madonna ha il viso rivolto verso il cielo incorniciato da un’aureola colore oro a raggi a forma di fiamma.
Al centro un insieme architettonico a pianta semicircolare con una bella trabeazione sorretta da colonne di ordine corinzio contiene in parte alcuni angioletti che fanno cadere dall’alto rametti di rose, seminudi e tre cherubini che fuoriescono da una piccola nube scura.
Nella parte inferiore del dipinto lo spazio è occupato dal sarcofago sul quale si sporge la figura di Giovanni Evangelista che regge due lembi di un telo bianco che poggia sul sarcofago stesso. È riconoscibile dal viso privo di barba, quasi femmineo, dai capelli lunghi raccolti sulle spalle e, soprattutto, dal libro posto sopra un gradino vicino ai suoi piedi che lo connota come autore di scritti, verosimilmente il Quarto Vangelo e l’Apocalisse che gli viene attribuita. Indossa una abbondante tunica verde scuro e il mantello rosso che gli avvolge i fianchi. L’altro lembo del telo è retto da un altro personaggio maschile non riconoscibile per l’assenza di attributi che lo connotano; ha una tunica grigiastra la corta barba scura e i capelli radi. Tra i due, in un piano leggermente rientrante verso il fondo, sotto i cherubini, alcune figure femminili s’intravedono con il capo coperto dal lembo del mantello. Si tratta di tre delle cinque fanciulle che sono state con la giovane Maria in casa di Giuseppe come riportato da uno dei Vangeli apocrifi?: “Allora Giuseppe prese Maria con le altre cinque vergini che dovevano restare con lei in casa di Giuseppe. Queste vergini erano: Rebecca, Sefora, Susanna, Abigea e Zael.” (Vangelo dello Pseudo Matteo, VIII, 5). Tre di questi personaggi ritornano in un altro vangelo: “E pregò tutti i parenti che l’assistessero e le offrissero conforto. Aveva anche con sé tre giovinette: Seffora, Abigea e Zaele.” (Transito della Beata Maria Vergine, Pseudo Giuseppe di Arimatea, V). Dietro Giovanni Evangelista quattro figure di apostoli riempiono la parte destra della composizione così come altre figure di seguaci di Cristo si trovano nella parte sinistra; tra queste è rappresentato un personaggio con capelli e barba brizzolati e tunica verde scuro che, in posizione eretta, con il braccio in alto, indica con l’indice della mano destra.
In primo piano, inginocchiato e con la mano destra al petto, un apostolo riconoscibile come Pietro dalla barba e i capelli bianchi, la tunica azzurra e il mantello ocra, ha lo sguardo rivolto verso l’alto dove si svolge il trionfo della Vergine Assunta in cielo. Vicino a lui, seduto sul gradino, forse Paolo di Tarso riconoscibile dalla barba e dai capelli scuri che lasciano parte della fronte scoperta, si gira verso Pietro guardando anch’egli verso l’alto; indossa una tunica colore ocra e un mantello scuro.
La composizione vede un insieme affollato di figure che occupano quasi interamente la superficie pittorica nella quale le numerose forme si snodano dal basso verso l’alto delimitato da una centina. Nel registro superiore è raffigurata la Vergine con le braccia aperte sorretta da un morte, furono risvegliati dai loro sepolcri dallo Spirito Santo” (San Giovanni il Teologo, Dormizione della Santa Madre di Dio, XIII). E altri ancora: “ecco tutti i discepoli del Signore, eccetto Tommaso, detto Didimo, furono condotti da una nube alla porta del talamo della beata Maria.” (Transito della Beata Maria Vergine, Pseudo Giuseppe di Arimatea, VII). “Questi sono i nomi dei discepoli del Signore che furono trasportati là da una nube: Giovanni evangelista e suo fratello Giacomo, Pietro e Paolo, Andrea, Filippo, Luca, Barnaba, Bartolomeo e Matteo, Mattia detto il Giusto, Simone Cananeo, Giuda e suo fratello, Nicodemo e Massimiano e molti altri che è impossibile enumerare.” (Transito della Beata Maria Vergine, Pseudo Giuseppe di Arimatea, VIII).
Un groviglio di corpi che si avvita verso l’alto dimostra le straordinarie capacità disegnative e di dominazione dello spazio da parte di questo pittore.
Sicuramente, è da considerare il migliore della famiglia per le sue doti innate ma anche per la sua preparazione presso Ciro Ferri (Roma, 1634 – ivi, 1689) a Roma e per la conoscenza di quanto si produceva nella pittura dell’epoca, specialmente Veneta e di Johann Liss (Holdemburg in Holstein, 1595 – Venezia, 1630), pittore tedesco conosciuto a Venezia.
La libertà degli artisti nell’interpretare il tema iconografico è notevole e ha contribuito alla creazione di opere, non solo pittoriche, di straordinario interesse, per alcuni secoli. Il senso del movimento ascensionale è l’assoluto dominatore dell’insieme e si svolge in senso elicoidale improntato alla massima creatività compositiva e ad una straordinaria spettacolarità. Tutta l’arte barocca deve meravigliare e convincere lo spettatore che le idee della Chiesa sono le sole valide ai fini della salvezza dell’umanità.
Giombattista Corallo