È un’opera pittorica che si trova dipinta in una parete interna dei locali della Foresteria nel Convento dei Cappuccini di Arcidosso, con il tema della Pietà. Questo è l’iconografia altrimenti detta Compianto sul Cristo morto, con la presenza, nella composizione, della figura della Madonna che reca il Figlio sulle sue ginocchia (Pietà di Avignone, Maestro della Francia Meridionale, 1470 ca., Parigi, Museo del Louvre; Pietà, Ercole de’ Roberti, XV secolo, Liverpool, Walker Art Gallery; Pietà, Michelangelo Buonarroti, 1497-1500, Roma, San Pietro in Vaticano), o lo piange disteso a terra (Pietà, Sebastiano del Piombo, 1516-1517, Viterbo, Museo Civico). A volte la figura di Gesù è sorretta solo dalla Madre (Pietà Rondanini, Michelangelo Buonarroti, 1552-1564, Milano, Castello Sforzesco), e da San Giovanni Evangelista (Pietà, Giovanni Bellini, 1460 ca., Milano, Pinacoteca di Brera). Nelle opere devozionali la composizione può contenere anche angeli (Pietà, Antonello da Messina, 1476 ca., Madrid, Museo del Prado; Pietà, Dal Polittico di San Vincenzo Ferrer, 1464-1468 ca., Giovanni Bellini, Venezia, Basilica dei santi Giovanni e Paolo; Cristo morto sostenuto da due angeli, Rosso Fiorentino, 1525-1526, Boston, Museum of Fine Arts), e altre figure (Pietà del Duomo di Firenze, Michelangelo Buonarroti, 1550-1555, marmo, Firenze, Museo dell’Opera del Duomo; Pietà di Palestrina, Michelangelo Buonarroti, 1555 ca., marmo, Firenze, Galleria dell’Accademia). Il soggetto proviene dalla cultura figurativa medioevale del nord Europa (Pietà, Maestro di Salisburgo, 1490 ca., Monaco, Bayerisches Museum; Pietà, XIV secolo, Bonn, Provinzialmuseum) ed è penetrato in Italia nel primo Rinascimento con la pittura di Cosmè Tura, un pittore ferrarese del XV secolo (Pietà, Cosmè Tura, XV secolo, Venezia, Museo Correr). Fa riferimento al momento immediatamente successivo alla Deposizione di Cristo dalla croce con alcune figure che sono disposte attorno a Gesù morto. I Vangeli non riportano quest’evento per cui, il soggetto, si rifà alla letteratura mistica medioevale. Ma si possono intravedere i precedenti già in un bronzetto sardo, nel piccolo gruppo della madre con il figlio denominato “La madre del l’ucciso”. L’opera, di età nuragica, risalente ad un periodo compreso fra VIII e il V secolo a.C., ritrovata in una grotta conosciuta come “Sa domu ‘e s’orcu” (la Casa dell’Orco) nei dintorni del centro di Urzulei, nell’Ogliastra, nel 1930 e custodita nel Museo Archeologico di Cagliari, rispecchia lo schema del soggetto iconografico che avrà, come detto, uno sviluppo straordinario nell’iconografia cristiana.
Una particolare, drammatica e suggestiva per l’effetto prospettico, raffigurazione del tema in cui Cristo morto è disposto sul letto e ha vicino a se la Madonna e Giovanni piangenti, è quella di un’opera rinascimentale (Cristo morto, Andrea Mantegna, XV secolo, Milano, Pinacoteca di Brera). Nel Rinascimento era in uso anche costruire gruppi plastici in terracotta su questo soggetto, derivante dalla tradizione nordica (Pianto su Cristo morto, Niccolò dell’Arca, 1485 ca., Bologna, Chiesa di Santa Maria della Vita).
Nell’opera che qui presentiamo i personaggi raffigurati sono, oltre al Cristo, l’Eterno Padre che, posto dietro al Figlio, lo sorregge col proprio corpo e lo presenta ai fedeli allargando entrambe le braccia in segno di rassegnazione: ecco, sembra dire, doveva accadere ed è accaduto. Ha una barba bianca fluente, indossa una lunga tunica di colore verde e l’ampio mantello di colore rosso. Al centro, Cristo, seminudo ricoperto soltanto da un lenzuolo bianco nelle parti intime del suo corpo caratterizzato dal pallore proprio della morte e con le tracce di diversi rivoli di sangue, è seduto e appoggiato alle ginocchia del Padre, con il braccio destro rilasciato sulle proprie gambe e il sinistro cadente verso il basso dove la mano si congiunge con la mano della Maddalena. Questa, in ginocchio si prostra davanti al Cristo con la schiena parallela al terreno dove poggia; veste una tunica chiara coperta parzialmente da un mantello giallo-ocra-rosso che ricade sul suo corpo con un gioco articolato di pieghe. Ha i capelli lunghi e mossi come nella tradizione ed è riconoscibile anche dal vaso contenente nardo, a terra vicino a lei. Figura controversa di difficile identificazione, secondo la Chiesa Orientale è una delle tre Marie; per la Chiesa Latina si tratta di un’unica persona. Il suo appellativo deriva da Màgdala, un villaggio sulle rive del lago di Genèzareth dove la donna abitava. È citata come esempio di peccatrice pentita: “Maddalena era dunque ricchissima, quanto ricca altrettanto bella e non rifiutava al proprio corpo alcun piacere tanto che era da tutti chiamata la peccatrice.” (Jacopo da Varagine, Leggenda aurea), che si presentò in casa di Simone il Fariseo e piangendo bagnò i piedi a Gesù, li asciugò con i propri capelli, li baciò e li profumò: “Un giorno un fariseo invitò Gesù a pranzo da lui. Gesù entrò in casa sua e si mise a tavola. In quel villaggio vi era una prostituta. Quando ella seppe che Gesù si trovava a casa di quel fariseo, venne con un vasetto di olio profumato, si fermò dietro a Gesù, si rannicchiò ai suoi piedi piangendo e cominciò a bagnarli con le sue lacrime; poi li asciugava con i suoi capelli e li baciava e li cospargeva di profumo […]. Poi Gesù disse alla donna: «Io ti perdono i tuoi peccati».” (Luca, 7, 36-48).
Per Giovanni si tratta di Maria di Betània, sorella di Marta e di Lazzaro: “Sei giorni prima della Pasqua ebraica Gesù andò in Betània dove c’era Lazzaro, quello che egli aveva risuscitato dai morti. Lì prepararono per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria prese un vaso di nardo purissimo, unguento profumato di grande valore, e lo versò sui piedi di Gesù; poi li asciugò con i suoi capelli, e il profumo si diffuse per tutta la casa.” (Giovanni, 12, 1-3). Sulla sinistra della composizione è presente la figura di Francesco d’Assisi che indossa l’abito marrone dell’Ordine caratterizzato dal cappuccio a punta e dal cordone alla vita con i tre nodi che significano i tre voti dei Francescani: Povertà, Castità, Obbedienza.
La composizione presenta uno schema triangolare che ha i tre vertici in alto alla sommità del capo dell’Eterno, in basso al limite della figura di Francesco e, il terzo, nei piedi di Maria Maddalena. Il segno è sicuro e duttile e circuisce le forme determinandole nei particolari dell’insieme che presenta le singole parti distribuite secondo una linea obliqua che, partendo dal capo del Padre, divide in due la figura di Cristo che s’incrocia con due rette a questa quasi perpendicolari, delle braccia aperte dell’Eterno e la linea retta che unisce la figura di San Francesco con quella della Maddalena. La composizione nella sua articolazione si risolve in un nucleo armonico e in un rilevante senso tattile.
L’affresco, realizzato nel 1728, è opera di Giuseppe Nicola Nasini (Castel del Piano, Grosseto, 1657 – Siena, 1736), figlio di Francesco (Piancastagnaio, Siena, 1611 – Castel del Piano, Grosseto, 1695) anch’egli pittore, riconosciuto come il più importante artista di questa numerosa famiglia di pittori amiatini. La firma è apposta con il colore rosso, in basso al limite della linea di base della composizione, che recita così: “EQUES IOSEPH NICOLAUS NASINI PINXIT 1728”.
Giombattista Corallo